Bsw, il partito «rossobruno» e «putiniano» di Sara Wagenknecht che ha vinto in Turingia e Sassonia è davvero la «peggiore sinistra» come l’ha definito Gentiloni?
«No, perché non è né rosso-bruno né putiniano, ma è un partito che rimette al centro gli interessi di lavoratrici e lavoratori che sono stati largamente ignorati o colpiti dalla sinistra storica» dice intervistato da Sarina Biraghi per La Verità del 9 settembre, Stefano Fassina, presidente dell’Associazione Patria e Costituzione ma anche economista ed ex viceministro dell’Economia nel governo Letta.
Tre i punti di forza di Bsw: immigrazione, green e guerra.
«Tre ambiti che riguardano tutti e che devono avere come obiettivo la protezione e la promozione degli interessi dei lavoratori.
L’agenda di warfare della maggioranza Von der Layen, non solo quella che l’ha eletta ma quella che include Fdi e parte dei conservatori, colpisce gli interessi dei lavoratori e delle piccole imprese.
L’economia di guerra, la Ue “dipartimento civile della Nato globale”, come scrive Wolfgang Streeck, ha come principali vittime i lavoratori.
E la sinistra che vuole proteggere questi interessi deve fermare l’escalation militare contro Mosca e riconoscere la necessità di un negoziato.
Non a caso la Wagenknecht per sedersi al tavolo con la Cdu ha posto come condizioni lo stop ai missili Usa in Germania e il negoziato con Mosca».
I governi progressisti di Londra e Berlino pensano di trasferire gli immigrati fuori confine mentre la nostra sinistra ha criticato l’accordo della Meloni con l’Albania.
«Una immigrazione incontrollata incide sulle condizioni salariali e quindi va regolata, tenendo conto che si tratta di persone e che i diritti fondamentali vanno rispettati.
La sinistra storica mai è stata “no border”, riconosce il valore dei confini non come muri, ma come condizione di comunità e di solidarietà.
Anche Kamala Harris ha rivendicato una linea più rigida sui migranti dal Messico, concordata con i repubblicani al Congresso, bloccata da Trump perché asset di campagna elettorale.
Ma è un problema che non va strumentalizzato.
Vanno aggredite le cause vere dell’impoverimento della classe media: la regolazione liberista dei mercati globali e del mercato unico europeo.
Soltanto con l’immigrazione regolata può esserci integrazione, oltre l’accoglienza.
La sinistra deve tornare ad affrontare le cause strutturali delle migrazioni, la colonizzazione economica dell’Africa, in primis, e promuovere il diritto a non emigrare, dal Sud del mondo, oltre che dal nostro Mezzogiorno».
Anche il green ideologico fa male ai cittadini?
«Certo. Bisogna accompagnare la conversione ecologica con la protezione sociale, non possono esserci tempi o traiettorie diverse, è un unico obiettivo che la politica deve avere.
Ripensiamo alle proteste dei trattori: l’Ue non può introdurre standard ambientali rigidi e lasciare l’importazione di prodotti da Stati che quegli standard non rispettano, perché così consenti una competizione al massacro nell’agricoltura, soprattutto per le piccole imprese.
Se vuoi migliorare le condizioni dei lavoratori agricoli non puoi immettere nell’Ue Stati che pagano il lavoro 3 euro l’ora».
La sinistra italiana ha questa sensibilità?
«La sinistra storica in tutto l’Occidente è all’angolo nella rappresentanza del lavoro.
Serve ridefinire l’impianto culturale.
La France Insoumise è esperienza interessante.
Ancor di più Bsw.
Noi abbiamo tanto lavoro da fare».
Quindi il campo largo sono numeri e non sostanza?
«Il campo largo è condizione necessaria.
Ieri, alla scuola di politica organizzata da Patria e Costituzione, si sono confrontate tutte le anime progressiste italiane.
Era con noi anche il capo delegazione di Bsw al Parlamento europeo, Fabio de Masi.
C’è bisogno di un impianto innovativo che recuperi la dimensione nazional-popolare, nel lessico gramsciano.
Patria e Nazione sono parole della Costituzione, non della destra nazionalista.
Il ministro Crosetto dice che serve il 2,5%-3% del Pil per le spese militari: sarebbero risorse sottratte a sanità, pensioni, scuola.
Il negoziato con la Russia e un ordine globale multilaterale sono condizioni per proteggere lavoratori e pmi».
Michel Barnier riuscirà a far uscire la Francia dall’impasse in cui è piombata dopo le elezioni?
«Sostanzialmente no, sopravviverà qualche mese, ma non è in grado di dare le risposte che classi medie e lavoratori cercano.
Mi colpisce, ma non mi sorprende, che i liberali quando devono scegliere tra interessi forti da difendere e diritti, scelgono gli interessi forti e la Le Pen diventa accettabile».
Le nuove regole del Patto di stabilità sono austerità?
«Sono regole in continuità con quelle che c’erano prima, non cambiano nulla, tutte operazioni di facciata non di sostanza.
Primo, perché lo spazio delle politiche di bilancio lo definisce la Bce; secondo se la Commissione e gli Stati membri avessero voluto davvero fare un intervento significativo sulle regole di bilancio avrebbero dovuto trattare in modo diverso il debito Covid e quello da guerra.
Si sarebbe dovuta scorporare questa parte di debito e lasciarlo nella pancia della Bce, anziché rimetterlo sul mercato».