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Paolo Mieli (Corriere della Sera): «Nessuno vuole fare il Presidente della Repubblica, commedia Quirinale»

In Italia nessuno sembra sentirsi all’altezza di fare il Presidente della Repubblica, il che fa ricadere le imminenti elezioni in una sorta di “commedia” nella quale ognuno dei papabili si sente in dovere di smentire la possibilità di salire al Colle.
Ne parla Paolo Mieli citando la Storia romana, la vicenda di Sant’Ambrogio e la sua nomina a vescovo di Milano, (decisa secondo la leggenda da un bambino e da una mula).

«Ci sia concessa l’autorizzazione a mettere in dubbio che questo sia il miglior modo di creare e rinvigorire una classe dirigente. Ci sia altresì permesso di osservare che in questa trasfusione di sangue monarchico nelle vene delle istituzioni repubblicane — poco notata nei primi decenni successivi al 1946 — potrebbe nascondersi un virus paralizzante».

«Il mancato coinvolgimento dell’elettorato nella scelta delle cariche della Repubblica potrebbe spiegare poi, almeno in parte, fenomeni come l’astensionismo, il crescente disinteresse per la vita pubblica, la diffidenza nei confronti di norme dettate da un potere che appare irresponsabile. E financo quella che è stata ribattezzata antipolitica. Procedure opache o comunque poco trasparenti» spiega Mieli «sembrano essere fatte apposta per allontanare la gente comune dalle istituzioni».

«Le imperscrutabili e tortuose modalità con cui in questi giorni si procede alla scelta del prossimo presidente della Repubblica, l’assenza di chiarezza, le indicazioni che cambiano di giorno in giorno, i sondaggi che esortano il popolo a optare per questo o quel nome — pur nella consapevolezza che gli elettori mai saranno chiamati a prendere quella decisione depositando una scheda nell’urna — tutto ciò temiamo possa avere un effetto negativo sulla percezione di come si sceglie, in Italia, un presidente della Repubblica. Aggravato dal fatto che è ben evidente la tentazione di istituzionalizzare questa prassi poco limpida anche per il vaglio dei futuri presidenti del Consiglio».

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