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La lezione di Mario Draghi: “Cambio di paradigma”

La guerra in Ucraina e il ritorno dell’inflazione hanno causato un “cambiamento di paradigma” che “puo’ portare a tassi di crescita potenziale piu’ bassi” e che “richiederebbe politiche che portino a deficit di bilancio e tassi di interesse piu’ elevati”.

Lo ha detto Mario DRAGHI al Mit dove ha ritirato il premio Miriam Posen.

“Mentre noi eravamo impegnati a celebrare la fine della storia, la storia stava preparando il suo ritorno”, ha detto. “Le conseguenze geopolitiche di un conflitto prolungato al confine orientale dell’Europa sono molto significative”, ha aggiunto DRAGHI. “In primo luogo, l’Ue deve essere disposta a rafforzare le proprie capacita’ di difesa”. In secondo luogo, “dobbiamo essere pronti a iniziare un percorso con l’Ucraina che porti alla sua adesione alla Nato”. In terzo luogo, “dobbiamo prepararci a un periodo prolungato in cui l’economia globale si comportera’ in modo molto diverso dal recente passato”.

LA GUERRA IN UCRAINA PESERA’ PER MOLTI ANNI

La guerra in Ucraina ha contribuito all’aumento delle pressioni inflazionistiche a breve termine, ma e’ anche probabile che inneschi “cambiamenti duraturi che annunciano un’inflazione piu’ elevata in futuro”, ha detto DRAGHI.

“Con il senno di poi, e’ probabile che le autorita’ monetarie avrebbero dovuto diagnosticare per tempo il ritorno di un’inflazione persistente. Ma soprattutto in Europa, data la natura di shock guidato dall’offerta, non e’ chiaro se agire piu’ rapidamente avrebbe arginato di molto l’accelerazione dei prezzi”. Per DRAGHI “l’incapacita’ dei governi di accordarsi tempestivamente su un tetto massimo di prezzo per il gas naturale ha reso il lavoro della Bce molto piu’ difficile. In ogni caso, quando le banche centrali sono intervenute, hanno dimostrato un forte impegno a tenere sotto controllo l’inflazione e hanno in gran parte recuperato il tempo perduto”. L’aumento dei tassi si sta ora diffondendo nell’economia e ci sono segnali di rallentamento nel settore manifatturiero, per l’ex premier italiano. “L’inflazione si sta dimostrando piu’ resistente di quanto le banche centrali avessero inizialmente ipotizzato”. La lotta contro l’inflazione non e’ finita e probabilmente richiedera’ “una cauta continuazione della stretta monetaria, sia attraverso un ulteriore aumento dei tassi di interesse, sia allungando i tempi di inversione del loro corso”.

L’INFLAZIONE SI CURA, I BILANCI DEI GOVERNI NO 

DRAGHI non si aspetta che le preoccupazioni relative alla stabilita’ finanziaria ostacolino il processo. “Gli attuali problemi bancari non sono in alcun modo paragonabili alla crisi finanziaria e dovrebbero essere affrontati con misure ad hoc, come e’ stato fatto finora”, ha detto. “Date le dimensioni limitate di queste crisi, i governi dovrebbero finanziare, quando necessario, ogni intervento necessario, evitando di creare un conflitto per le banche centrali tra il perseguimento degli obiettivi di politica monetaria e quelli di stabilita’ finanziaria”. Alla fine, secondo l’ex presidente Bce “le banche centrali riusciranno a riportare il tasso di inflazione ai loro obiettivi” ma “l’economia sara’ molto diversa da quella a cui siamo abituati”. I governi avranno disavanzi di bilancio “permanentemente piu’ elevati” e “nel lungo periodo, e’ probabile che i tassi di interesse si mantengano piu’ alti di quanto non siano stati nell’ultimo decennio. Allo stesso tempo, la bassa crescita potenziale, i tassi piu’ alti e gli elevati livelli di debito post-pandemia sono un cocktail volatile, e le banche centrali che tollerano l’inflazione non saranno la soluzione”. 

DRAGHI ha osservato infine che “le banche centrali devono certamente essere molto attente al loro impatto sulla crescita, in modo da evitare inutili sofferenze. Ma il compito di ridisegnare le politiche fiscali in questo nuovo contesto spettera’ principalmente ai governi”.

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