Veronica De Romanis sulla Stampa si sofferma sulla ‘droga dei bonus che ha esaurito i suoi effetti’: “L’economia italiana – scrive l’editorialista – si è fermata nel terzo trimestre.
Un risultato ben al di sotto della media europea che si attesta allo 0,4 per cento.
Tra i Paesi che erano in crisi un decennio, la Spagna registra una variazione congiunturale dello 0,8 per cento e l’Irlanda del 2.
Questi numeri si prestano ad alcune considerazioni.
Primo: riformare paga.
L’economia spagnola e quella irlandese migliorano perché hanno cambiato radicalmente il loro contesto economico attraverso una serie di riforme, alcune dolorose.
Il percorso di aggiustamento (Troika inclusa) effettuato negli anni 2011-2013 ha consentito di mettere in ordine i conti pubblici e, al contempo, di rafforzare il sistema produttivo.
E, così, solo per fare un esempio, le risorse del programma Next generation Eu trovano un terreno fertile e diventano maggiormente produttive.
L’Italia, invece, ha rimandato e continua a rimandare l’attuazione delle riforme, a cominciare da quella della concorrenza.
Si è pensato per lungo tempo – sottolinea De Romanis – che per crescere bisognasse spendere.
In particolare, attraverso i bonus per tutto e per tutti.
E qui arriviamo alla seconda considerazione: i bonus sono una droga.
Servono a far salire il Pil nell’immediato.
L’effetto sulla crescita, tuttavia, è destinato a svanire.
Quello sui conti pubblici, al contrario, resta.
Con conseguenze drammatiche.
Il debito costa.
Si tratta di risorse pubbliche che vengono distribuite ai nostri creditori e sottratte ad usi alternativi come la sanità, la scuola, i trasporti.
Terza ed ultima considerazione: i pasti gratis non esistono.
Il conto si paga sempre.
Peraltro, nel caso italiano deve essere pagato proprio in una fase di rallentamento economico e di crescente incertezza legata alle tensioni geopolitiche in atto.
Tocca, quindi, stringere la cinghia proprio quando bisognerebbe fare il contrario.
Del resto, non ci sono alternative.
Raccontare la favola dei bonus che si autofinanziano, ovvero che generano un impatto talmente elevato sulla crescita da ripagarsi da soli, non è più possibile.
Difficilmente si chiuderà l’anno con una crescita dell’1 per cento come previsto dal governo.
Nonostante gli oltre centocinquanta miliardi di euro spesi per ristrutturare una percentuale minuscola di case appartenente ad italiani spesso benestanti”.