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Giovanni Tria (ex ministro Economia): «Ecco le due scommesse sul futuro dell’Italia. Ma bisogna stare attenti»

Con il Nadef «il governo fa il punto sullo stato dell’economia, aggiorna le sue previsioni per il prossimo futuro». Parla così l’ex ministro dell’Economia, Giovanni Tria, che sostiene come «i dati oggettivi del presente sono già abbastanza noti e sono positivi. La crescita nell’anno in corso, in base alle informazioni esistenti, si prospetta superiore al previsto».

«Grazie alla coincidenza fortunata di un poco di inflazione maggiore e bassi tassi di interesse, ciò consente di attendersi una lieve riduzione anche del deficit in percentuale del Pil, con l’aiuto della circostanza, che può essere interpretata in modo ambiguo (minore bisogno o minore efficienza nell’erogazione?) di una minore spesa effettiva per i vari sostegni previsti per l’economia nell’emergenza pandemica. In sostanza, l’economia è ripartita. Quanto sia un effetto di rimbalzo, cioè un effetto statistico di crescita rispetto alla caduta del Pil dello scorso anno, e quanto un primo passo, più lungo del previsto, di un sentiero di crescita sostenuto e stabile, si vedrà».

«D’altra parte» sostiene, «come è avvenuto nel corso della fase acuta della pandemia e come sta avvenendo oggi con il suo rallentamento dovuto alla campagna vaccinale, le previsioni si aggiornano continuamente, con variazioni non consuete in tempi più stabili, anche a causa di fattori di rischio presenti nello scenario internazionale con i loro riflessi nazionali su inflazione, difficoltà di approvvigionamenti di materie prime e input intermedi, incertezze sul futuro della pandemia, possibili Instabilità dei mercati finanziari».

«Fin dalle prime pagine il Nadef ci avverte subito di questi rischi, quasi a voler evitare eccessivi trionfalismi. Conviene quindi soffermarsi più sulle indicazioni qualitative che il Nadef ci offre che sui dati quantitativi prospettici. Il fatto per ora incoraggiante è che la ripresa non sembra generata da un rimbalzo dei consumi, dopo l’allentamento delle restrizioni alla circolazione, ma da un rimbalzo degli investimenti, soprattutto privati».

«Ciò riflette, in una situazione oggettiva di persistente incertezza, un forte effetto “fiducia”, che appare come il fattore oggi determinante nelle scelte di consumo, ma soprattutto di investimento. Il Nadef proietta con parsimonia questo effetto “fiducia” nelle previsioni per il prossimo triennio, sia perché la fiducia non è stabile sia perché non entra nei modelli econometrici utilizzati, anche se a volte essa possa essere la vera determinante di un cosiddetto “break strutturale” nelle economie».

«Le proiezioni, anche programmatiche, del Nadef ci indicano, infatti, previsioni di una crescita che, dopo biennio di recupero dei livelli pre-crisi, rallenta verso livelli che, anche se superiori a quelli del decennio precedente la crisi, sono sostanzialmente prudenti, soprattutto se si considera la dimensione dell’apporto della spesa del Pnrr. D’altro pane possibili limitazioni di capacità produttiva nel breve-medio periodo difficilmente possono consentire eccessivi effetti conseguenti a una espansione della domanda».

«Qui vediamo la prima scommessa, che in fondo la scommessa del Pnrr. Non parliamo della capacità di realizzare gli investimenti pubblici previsti, ma di fornire con essi quel quadro coerente di riferimento, anche di indirizzo praticabile dell’innovazione tecnologica, per i calcoli di convenienza degli investitori privati in un quadro internazionale in rapido movimento, e quindi ad alto rischio oltre che dispensatore di opportunità. Le riforme, in particolare quella della giustizia, giocheranno un ruolo sudale».

«La seconda scommessa importante che emerge dal Nadef è che si conferma l’approccio espansivo della politica di bilancio, anche a fronte del consolidarsi della ripresa. I media hanno parlato di come la maggiore crescita abbia creato un “tesoretto” per maggiori opportunità di spesa. Naturalmente i tesoretti non esistono, esistono scelte di bilancio: se le cose vanno meglio si crea lo spazio per una riduzione maggiore del deficit o per maggiore spesa a deficit costante».

«La scelta fatta sembra la seconda e penso sia quella giusta» afferma. «Non solo perché essa risponde alle raccomandazioni attuali della Bce e delle istituzioni internazionali, ma perché, nella fase in cui si dovrà rallentare l’impulso monetario e iniziare a discutere di nuove regole europee, è bene dimostrare che il deficit serve se ben utilizzato (eccola scommessa)».

«Non credo che sia preferibile presentarsi come campioni di austerità alla negoziazione in Europa. L’importante è mantenere il profilo programmatico che vede la riduzione della spesa corrente in percentuale del Pil mentre cresce quella in conto capitale. Anche perché lo stesso piano Next Generation Eu non risponde a esigenze di stabilizzazione congiunturale ma di trasformazione strutturale delle economie europee che erano preesistenti alla pandemia, e ciò vuol dire che le regole di bilancio europee rappresentate dal Fiscal compact, che hanno ostacolato in passato questa risposta, erano sbagliate da prima».

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