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Sistema scolastico in ritardo: bisogna partire da studenti e insegnanti

Ora che la prova generale della riapertura è passata, è il momento di mettere la testa sui ritardi che il nostro sistema scolastico si trascina da anni”: ne parlano sul Corriere della Sera Gianna Fregonara e Orsola Riva, secondo le quali, per fare un vero salto di qualità, bisogna partire da studenti e insegnanti.

“Il sistema di formazione e reclutamento dei docenti fa acqua da tutte le parti. La Costituzione prevede che nei posti pubblici si acceda solo per concorso: ma negli ultimi trent’anni i concorsi sono stati l’eccezione, la regola è stata quella delle periodiche sanatorie di precari. Occorre fare al più presto i concorsi, possibilmente non a crocette e che siano a prova di ricorsi. Ma soprattutto che siano regolari, ogni due o tre anni, per far salire in cattedra docenti giovani, preparati e motivati. E che evitino la girandola di supplenti per il sostegno”.

Per quanto riguarda gli studenti “uno su tre esce dalla terza media senza saper leggere, scrivere né fare di conto: un ritardo che la scuola superiore non riesce a recuperare. La scuola media accusa i segni degli anni e di fronte alla sfida di non lasciare nessuno indietro ha finito per fare da nastro trasportatore: tutti promossi, anche senza la preparazione necessaria. Alla fine del nastro, i ragazzi vengono smistati in tre percorsi: quelli più forti al liceo, quelli intermedi all’istituto tecnico, gli ultimi al professionale che spesso si trasforma in una scuola-ghetto dove i ragazzi si parcheggiano in attesa di esaurire l’obbligo scolastico. Non sorprende che negli ultimi tre anni l’abbandono scolastico sia tornato a crescere attestandosi attorno al 14,5%.

Urge mettere mano al sistema, tanto più che l’età dell’obbligo è stata innalzata da 14 a 16 anni senza mai adeguare i cicli scolastici. Non sarebbe anche il caso – aggiungono – di rivedere il curriculum degli studenti? I dati sulla preparazione ci sono, le esperienze degli altri Paesi anche. Ma di che cosa e come si debba studiare per esempio negli istituti tecnici non si parla mai”.

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