«La politica non può inseguire i profitti, ci sono diseguaglianze insopportabili». Lo afferma l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, intervistato da Domenico Agasso per La Stampa.
Eccellenza, il lavoro è il grande tema del presente e del futuro: come andrebbero rivisti i concetti di produttività e di investimento? «Mi sembra che le dottrine e le pratiche neo-liberiste siano responsabili di una diseguaglianza insopportabile, e che l’impotenza della politica nel regolare l’attività produttiva e commerciale in epoca di globalizzazione sia un dramma. Mentre l’ideologia e la pratica statalista sono responsabili di disastri finanziari irreparabili e paesi interi affamati».
«Invece raccomando la dottrina sociale della Chiesa, che esorta a non porre il criterio determinante nel profitto ma nella valorizzazione della persona. In Lombardia possiamo essere fieri del nostro modo di produrre e di lavorare: ha creato un’economia feconda, che però ora dovrebbe trovare il sostegno del quadro politico».
«Occorre dare aiuti e stabilità a quel modo di lavorare Made in Italy legato non all’impresa multinazionale ma all’operosità che sul territorio ha creato infinite piccole e medie imprese – e dunque occupazione – caratterizzate da eccellenza, intraprendenza e dalla soddisfazione di lavorare con le proprie mani e di vedere il prodotto sotto i propri occhi. Il benessere qui è cresciuto perché la gente ha vissuto un modo di lavorare più vicino a casa, caratterizzato dalla qualità, capace anche di sviluppare la creatività giovanile», spiega Delpini.
E come sta Milano? Si sono viste lunghe code davanti alle mense della Caritas. La città scintillante si è scoperta più povera. È una questione solo di volontariato? «Aumentano i bisognosi, ma crescono anche attenzione e donazioni. A Milano nessuno è senza cibo se è disposto a lasciarsi aiutare. Ma come negli ospedali non bastano i pronto soccorso per risolvere i problemi, anche dal punto di vista sociale è necessario un ripensamento profondo di questo sistema economico che incrementa la ricchezza di alcuni e la diffusione dell’indigenza, e dunque le diseguaglianze».
Quale compito hanno i benestanti? «Bisognerebbe ricordare loro la parola del Vangelo: “guai a voi, ricchi!”. Vorrei avvertirli del pericolo di perdere l’anima adorando il denaro. E poi, aiutarli a intendere il senso del denaro come una risorsa che deve creare lavoro. Milano ha una tradizione imprenditoriale da ritrovare. E qui è decisiva anche la politica».
Per approfondire: