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[L’analisi e i documenti integrali] Tutti i danni della Dad. “Uno studente su 2 impreparato”. Ecco cosa certificano i dati Invalsi

Un ragazzo su due non ha le competenze necessarie in italiano e in matematica e la metà dei ragazzi delle superiori termina il ciclo di studi con le stesse competenze di quelli di terza media. A certificarlo è l’Invalsi che ha presentato il 14 luglio i risultati del primo studio sistematico effettuato sul lungo periodo di didattica a distanza che ha caratterizzato il secondo trimestre del 2020 e molti mesi dell’ultimo anno scolastico, con chiusure protratte soprattutto in alcune regioni ed in particolare per gli studenti delle superiori.

Le prove hanno coinvolto oltre 1.100.000 allievi della scuola primaria (classe II e classe V), circa 530.000 studenti della scuola secondaria di primo grado (classe III) e circa 475.000 studenti dell’ultima classe della scuola secondaria di secondo grado.

Il quadro che emerge dagli esiti delle prove evidenzia numerose problematicità per la scuola italiana, e tuttavia si rilevano anche alcuni aspetti positivi. Il confronto degli esiti della scuola primaria del 2019 e del 2021 restituisce, infatti, un quadro sostanzialmente stabile. La scuola primaria è riuscita quindi ad affrontare le difficoltà della pandemia garantendo risultati pressoché uguali a quelli riscontrati nel 2019. I risultati sono molto simili in tutte le regioni del Paese.

Ciò nonostante, emergono alcune indicazioni che lasciano intravedere aspetti che nel ciclo secondario contribuiscono a determinare esiti diversi sul territorio nazionale e tra le scuole. Infatti, sia nella scuola secondaria di primo grado sia nella scuola secondaria di secondo grado, rispetto al 2019, i risultati del 2021 di Italiano e Matematica sono più bassi, mentre quelli di Inglese (sia listening sia reading) sono stabili.

Nel dettaglio, alle scuole medie i ragazzi che non raggiungono risultati adeguati sono il 39% in italiano (+5 punti percentuali rispetto sia al 2018 sia al 2019) e il 45% in matematica (+5 punti percentuali rispetto al 2018 e +6 punti percentuali rispetto al 2019). Alle superiori, i ragazzi non preparati diventano in italiano il 44% (+9% rispetto al 2019), in matematica il 51% (+9% rispetto al 2019), in inglese-reading (B2) il 51% (+3% rispetto al 2019), in inglese-listening (B2) il 63% (+2% rispetto al 2019).

In entrambi i cicli in tutte le materie le perdite maggiori di apprendimento si registrano tra gli allievi che provengono da contesti socio-economico-culturali più sfavorevoli. I divari territoriali si ampliano maggiormente passando dalle regioni del Centro-nord a quelle del Mezzogiorno. In molte regioni del Mezzogiorno, infatti, oltre la metà degli studenti al termine delle superiori non raggiunge nemmeno la soglia minima di competenze in italiano (Campania 64%, Calabria 64%, Puglia 59%, Sicilia 57%, Sardegna 53%, Abruzzo 50%). In matematica le percentuali di studenti sotto il livello minimo di competenza crescono ancora: Campania 73%, Calabria e Sicilia 70%, Puglia 69%, Sardegna 63%, Abruzzo 61%, Basilicata 59%, Lazio 56%, Umbria 52%, Marche 51%.

La pandemia sembra avere accentuato anche il problema della dispersione scolastica, soprattutto nelle sue componenti più difficili da individuare e quantificare. Il dato della cosiddetta dispersione implicita – ovvero degli studenti che, pur non essendo dispersi in senso formale, escono però dalla scuola senza le competenze fondamentali, quindi a forte rischio di avere prospettive di inserimento nella società non molto diverse da quelle degli studenti che non hanno terminato la scuola secondaria di secondo grado – è passato dal 7% del 2019 al 9,5% di quest’anno e in alcune ragioni del Mezzogiorno ha superato ampiamente valori a due cifre: Calabria 22,4%, Campania 20,1%, Sicilia 16,5%, Puglia 16,2%, Sardegna 15,2%, Basilicata 10,8%, Abruzzo 10,2%.

In ogni caso, afferma l’Invalsi, complessivamente la pandemia ha fatto riscoprire la funzione sociale della scuola sia nella dimensione relazionale, che di promozione del “benessere cognitivo” che solo la scuola può promuovere.

Riportiamo il documento di sintesi dei risultati delle Prove Invalsi 2021:

Sintesi_Primi_Risultati_Prove_INVALSI_2021

GLI INTERVENTI DELLA GIORNATA

La presentazione dei risultati ha visto, dopo i saluti istituzionali del Presidente CNR Maria Chiara Carrozza, l’intervento del Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi che ha subito precisato che “bisogna porre la scuola al centro del Paese per uscire da questa fase nella maniera migliore. La scuola è la base di ogni possibile rilancio, non c’è sviluppo del Paese se non c’è il rilancio della scuola“, ricordando poi il lavoro in corso per riportare tutti gli studenti in presenza.

E’ poi intervenuto il Presidente INVALSI Anna Maria Majello che a corredo dei risultati presentati ha affermato che “la dad ha supplito nell’emergenza ma vi sono state perdite di apprendimento e non solo. Dell’incremento della povertà educativa, non solo la scuola deve farsi carico, la scuola, da sola, rischia di non farcela. Molti possono essere promossi ma poi non hanno acquisizioni salde: il problema è drammatico, bisogna puntare a competenze salde, non accontentarsi dell”infarinatura o di essere riusciti a non perdere l’anno.

Tutto questo deve indurre a una riflessione attenta: la popolazione deve crescere sul piano culturale, le competenze base non possono bastare. La scuola deve insegnare il gusto di imparare, deve nutrire le conoscenze di chi è in crescita e va evitato il danno di motivazione. Altrimenti, abbandonando gli studenti fragili, questi sono destinati a divenire cittadini di serie b“. Dietro alla dad “c’è una scelta politica pesante: io ricordo di aver avuto turni anche di pomeriggio quando andavo a scuola, ora non se ne parla più, non so il perché“.

Riportiamo la presentazione a supporto del suo discorso.

Presentazione_Presidente_CNR_14_luglio_2021

A seguire, ha preso la parola Roberto Ricci, Responsabile Area Prove INVALSI, che ha sottolineato che oltre 40 mila giovani di 18-19 anni escono da scuola senza competenze, impreparati: “sono la metà della città di Ferrara, un terzo di Modena. La bocciatura non cambia le cose, è più funzionale all’organizzazione della scuola che alle competenze. I dati dicono che anche gli studenti che hanno avuto una bocciatura, continuano ad avere esiti sensibilmente più bassi di chi non è stato bocciato, dunque la bocciatura non è la soluzione. La sfida credo sia cercare risposte alternative, che sono già tutte nell’ordinamento vigente, non necessitano di particolari risorse le indicazioni nazionali“.

Il tempo che è trascorso – ha concluso il ricercatore – non lo recuperiamo con la bacchetta magica, ma usare questi dati può aiutare a prendere decisioni da calare nella realtà“. La Puglia, ha fatto notare, che per diversi anni è stata citata come esempio in controtendenza incoraggiante, rispetto al resto del sud, si è giocata con la pandemia quel guadagno che aveva accumulato: “questo ci deve dire quanto il miglioramento va coltivato con garbo e affetto, non va deplano, una volta raggiunto“.

Di seguito la presentazione del suo intervento

037_Presentazione_Risultati_Prove_INVALSI_14_07_2021

LE REAZIONI DEL MINISTRO BIANCHI E DEI SOTTOSEGRETARI SASSO E FLORIDIA

Non sono mancati i commenti a seguito di un quadro così drammatico, sia da parte delle istituzioni che delle associazioni di categoria che dei politici.

I dati Invalsi ci dicono che la pandemia ha esasperato le differenze. Ha colpito là dove c’erano più difficoltà“, ha dichiarato il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi. “I dati devono servire anche alle singole scuole per avere un grande quadro di collocamento nel contesto nazionale. Ci consegnano un quadro che avevamo già chiaro. Prima della pandemia avevamo una scuola che purtroppo era lo specchio del Paese. Ci siamo negati la verità per tanto tempo, il nostro è un Paese diviso. Il primo mandato che abbiamo per il rilancio è proprio quello della ricucitura. Quando si parla di scuola nazionale, si fa riferimento – ha ribadito – a una scuola che dia a tutti le stesse possibilità“.

Quindi per il ministro Bianchi, quando si parla di ricostruire una unità nazionale “non si può che ripartire dalla scuola,
perché il dato più duro di tutti è che il punto di partenza prima della pandemia era già esasperante
“. Bianchi ha infine
detto che tra tutti i dati del rapporto Invalsi quello che lo ha fatto riflettere di più è che gli studenti più colpiti “non
sono quelli che erano in difficoltà già prima della pandemia, ma quelli che all’interno delle categorie più difficili avevano fatto lo sforzo maggiore per muoversi in avanti
“.

C’è un bisogno fondamentale di ritornare insieme. Siamo tutti per la scuola in presenza. Il mio appello è che si completi la vaccinazione. Siamo all’85% sugli insegnanti, più basso sui ragazzi“. Ma vaccinarsi è “un atto di responsabilità collettiva. Faccio un appello per la scuola in presenza: che non abbia paura delle tecnologie e che usi gli strumenti e insegni ai ragazzi la capacità critica per aprire, non per chiudere“, ha concluso il ministro.

Il sottosegretario all’Istruzione Rossano Sasso è intervenuto sulla sua pagina Facebook: “I risultati dei test INVALSI fanno il paio con i dati diffusi appena qualche giorno fa dall’Istat e confermano come il blocco della didattica in presenza abbia penalizzato soprattutto gli studenti più fragili: i disabili, le ragazze e i ragazzi che provengono da contesti familiari e sociali difficili, quelli che vivono in territori che presentano ritardi a livello di reti informatiche e infrastrutture tecnologiche“. Ha poi aggiunto: “In particolare, nelle regioni del Mezzogiorno abbiamo un evidente aumento della dispersione scolastica e un abbassamento dei livelli di competenze raggiunti alla fine dei cicli di studi. Appare di tutta evidenza come sia improponibile un altro anno di didattica a distanza, di isolamento fisico, di incertezze per i nostri ragazzi“.

Sono pienamente d’accordo con il collega Rossano Sasso quando dice che il blocco della didattica in presenza abbia penalizzato le fasce più deboli della comunità studentesca e che sia necessario per il prossimo anno garantire la didattica in presenza. – ha dichiarato la sottosegretaria all’istruzione Barbara Floridia, senatrice M5S – Per questo ho lavorato sin da subito, in coordinamento con il ministro Bianchi e con il sostegno del gruppo parlamentare M5S per reperire finanziamenti, aule, modalità progettuali alternative e soluzioni concrete capaci di portare la scuola italiana fuori dalla crisi dovuta alla pandemia e guardare al futuro.

Anche sul fronte della dispersione scolastica stiamo lavorando moltissimo, e il piano ‘RiGenerazione Scuola’ con i suoi obiettivi legati alla socialità, ai nuovi apprendimenti e dei servizi collaterali come le mense scolastiche, è lì a dimostrarlo. I dati Invalsi ci confermano che ovviamente è necessario fare molto di più, ma pur in un contesto così complesso abbiamo lavorato a testa bassa su tantissimi fronti”.

ALTRI COMMENTI

Per l’Associazione nazionale presidi, guidata da Antonello Giannelli, bisogna “completare l’operazione di vaccinazione nel mondo della scuola, sia per quanto riguarda gli operatori scolastici, e ne mancano un numero secondo me più limitato dei duecentomila di cui si è parlato in questi giorni, sia fare un grosso sforzo per vaccinare i ragazzi, ove possibile, dai 12/13 anni in su. La pandemia ha fatto del male, le situazioni sono peggiorate e sono peggiorate di più dove le scuole sono state chiuse ma si partiva da un quadro già molto difficile. E’ necessario intervenire subito per apportare dei correttivi, delle modifiche“.

Per Pino Turi, che guida la Uil scuola, “la valutazione politica generale in relazione alle misure di contrasto alla pandemia e quella legata alla tutela della salute pubblica deve portare a scelte chiare e non discriminatorie. Serve vaccinare tutti? Si faccia una legge che assegni un dovere giuridico oltre che civico“.

La Flc Cgil stigmatizza “la fase di stallo del governo e del ministero dell’Istruzione sulla scuola“. La Cisl scuola con Maddalena Gissi giudica inevitabili i risultati Invalsi “in un contesto segnato da lunghi periodi di sospensione delle attività in presenza, nei quali la didattica a distanza si è rivelata un rimedio solo parziale, nonostante il grande sforzo messo in atto dal mondo della scuola“.

“I dati Invalsi sulle conseguenze della didattica a distanza sono catastrofici: se uno studente su due non ha le competenze necessarie in italiano e in matematica, e se la metà di chi esce dalle superiori lo fa con competenze da terza media, significa che dobbiamo dire “mai più” a lezioni che non siano in presenza“, ha dichiarato in una nota la presidente dei senatori di Forza Italia Anna Maria Bernini. “Ma andrà fatta anche una riflessione più ampia sul funzionamento del sistema-scuola: dare tutta la colpa alla Dad appare infatti troppo assolutorio“.

Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia- Europa di Save the Children ha sottolineato che “i dati Invasi certificano il fatto che se la crisi ha colpito complessivamente tutti gli studenti, i bambini e ragazzi che erano già in condizioni di svantaggio hanno subito le conseguenze più gravi, I mesi lontani dalle aule hanno contribuito ad aumentare le diseguaglianze, accrescendo le difficoltà di quei bambini e adolescenti che si sono trovati a seguire la didattica a distanza senza gli strumenti e le condizioni idonee, privi di supporto adeguato, e sono stati lasciati cosi indietro rispetto ai compagni. Qualunque dibattito sulla riapertura o meno delle scuole a settembre, a fronte di questi dati, è inaccettabile e tutti gli sforzi devono essere volti a ridare a tutti gli studenti la possibilità di tornare in classe, altrimenti rischiamo di condannare quelli più vulnerabili a un percorso senza uscita“.

La presidente della commissione Lavoro Romina Mura (Pd) ha affermato che “lo spaccato offerto dai dati Invalsi si aggiunge a un preoccupante aumento dei Neet e alla crescita delle disuguaglianze generazionali e territoriali, che gettano un’ombra sulla futura occupabilità di molti giovani. C’è una platea di ragazzi già in aree svantaggiate per i quali i ritardi e gli abbandoni scolastici comportano carenza di competenze di base, che si tradurranno in difficoltà a inserirsi in un mercato del lavoro che chiede crescenti competenze specifiche anche digitali. Per prevenire situazioni di marginalizzazione, emerge la necessità di creare un sistema di formazione che si attivi prima e durante il lavoro“.

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