Secondo il premio Nobel Daniel Kahneman – scrive Francesco Ciampi sul Sole 24 Ore – la mente umana impiega due modalità di pensiero: quella razionale e cosciente, che funziona in maniera lenta, sequenziale, controllata e quella intuitiva, che è invece veloce, associativa e difficile da controllare. Nelle situazioni in cui le regole e le variabili del contesto sono note le macchine hanno superato da tempo l’uomo in diverse attività di «ragionamento».
La novità è che, grazie all’impiego dell’Intelligenza artificiale e, in particolare, delle tecnologie di machine learning alimentate dall’analisi di grandi quantità di dati, i computer oggi sono più veloci ed efficaci dell’uomo anche in alcune attività cognitive di natura intuitiva, quali la previsione delle tendenze future ed il riconoscimento di pattern e modelli. Se dunque le macchine stanno superando l’uomo nella soluzione di diverse categorie di problemi anche complessi possiamo giungere ad ipotizzare che l’Intelligenza artificiale finirà per sostituire i manager? La risposta, fortunatamente, è negativa perché esiste un’abilità cognitiva in relazione alla quale le persone avranno ancora per molto tempo un vantaggio rispetto ai computer: la capacità di mettere in discussione e modificare le visioni del mondo, ridefinire i problemi esistenti, individuare problemi nuovi e diversi da risolvere.
Si tratta di una abilità basata sull’attivazione di processi intuitivi di natura profonda, che consentono di ristrutturare e riformulare assunzioni, obiettivi e variabili rilevanti, attribuire nuovi e diversi significati, superare le visioni consolidate nei settori, nelle aziende e nelle esperienze passate, immaginare nuove chiavi di lettura della concorrenza, dei mercati, dei modelli di business. È proprio da questi processi di ristrutturazione creativa delle modalità di creazione del valore che nascono le innovazioni in grado di rivoluzionare le regole del gioco consolidate, consentendo al first mover di acquisire vantaggi competitivi sostenibili.