Dopo la pandemia, nel nuovo mondo dell’istruzione e del lavoro, i ragazzi e le ragazze italiani continuano a faticare a trovare il proprio posto: l’Italia rimane un Paese di Neet. E, come accade ormai da molti anni, il nostro Paese conferma il record non lusinghiero dei giovani under 30 che non studiano e non lavorano. Uno “spreco assurdo”, nel grido d’allarme dei Giovani imprenditori di Confartigianato, per quel Made in Italy che avrebbe bisogno di nuova linfa e competenze. E un’emergenza alla quale Roma cerca di porre rimedio con gli impegni contenuti anche nel Pnrr e i nuovi piani contro la dispersione scolastica.
Gli ultimi dati offerti da Eurostat parlano chiaro: i ragazzi italiani inattivi sono il 17,7%, il tasso più alto tra i Ventisette. E le ragazze sono anche di più: il 20,5%, superate solo dalle coetanee della Romania. Numeri ben lontani dalla media europea – che si attesta nelle due classi di genere rispettivamente al 10,5% e al 13,1%. Nell’analisi di Confartigianato sono numeri “in aumento” se si considerano anche i trentenni. Con il peso aggiuntivo delle annose disparità territoriali lungo lo Stivale.
Nella fotografia restituita dall’istituto europeo di statistica la tendenza per tutto il Vecchio Continente è in lieve e progressivo miglioramento: nell’ultimo decennio l’esercito complessivo dei giovani che non studiano e non lavorano è passato dal 16% del 2012 all’11,7% del 2022. Una decrescita costante interrotta dalla pandemia – nel 2020 l’indicatore era tornato a crescere sino al 13,8% dal 12,6% del 2019 – ma poi subito ripresa negli ultimi due anni. Senza tuttavia ancora far cantare vittoria a Bruxelles, che punta dritto al target medio del 9% di Neet nel 2030 fissato come obiettivo della sua agenda sociale insieme al rafforzamento delle competenze per portare aziende e giovani a combinare meglio domanda e offerta di lavoro nel bel mezzo della doppia transizione verde e digitale.
Un traguardo già raggiunto in ordine sparso da diversi Stati membri – con Paesi Bassi (4,2%) e Svezia (5,7%) a tirare la volata, ma anche Malta (7,2%), Lussemburgo (7,4%), Danimarca (7,9%), Portogallo (8,4%), Slovenia (8,5%), Germania (8,6%) e Irlanda (8,7%) allineati, che resta invece una chimera lontanissima per l’Italia e l’Est Europa. Nel nostro Paese nel complesso i giovani che non lavorano e non studiano sono il 19%.
Pari, in termini assoluti, a 1,6 milioni di ragazzi e ragazze. Con forti disparità sulla cartina geografica: nell’indice dei territori “youth-friendly” per impresa e lavoro messo a punto da Confartigianato a spiccare per le condizioni migliori offerte agli under 35 è la Lombardia, seguita a poca distanza da Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna e Trentino-Alto Adige. Mentre ad arrancare nelle retrovie sono Molise, Sardegna, Calabria e Basilicata. Un’Italia «a diverse velocità» che, nella visione dei giovani imprenditori, «è all’origine» del record negativo in Europa. Il loro auspicio è che «l’anno europeo delle competenze sia l’occasione per cambiare davvero».