Le elezioni in Francia – commenta sul Giornale Alessandro Sallusti – hanno creato una strana euforia nella sinistra italiana, un po’ come se le avessero vinte loro e non solo in Francia, pure in Italia dove non risulta si sia votato e dove non le vincono da tempo immemore. Già, dal 2006 la nostra sinistra ne ha provate di ogni ma vince solo le elezioni degli altri, come ha magistralmente ricordato qualche giorno fa Mattia Feltri nella sua quotidiana rubrica di prima pagina su La Stampa.
Cito: «Abbiamo registrato entusiasmi per i successi di Joe Biden (“un modello per la sinistra italiana”), di Obama (“una lezione per la sinistra italiana”), di Clinton (“un ponte per la sinistra italiana”), di Lula (“un fatto di straordinaria portata per la sinistra italiana”), di Zapatero (“un punto di svolta per la sinistra italiana”), di Hollande (“l’apertura di una fase nuova per la sinistra italiana”), di Tony Blair (“un esempio per la sinistra italiana”), persino di Chavez (“la grande occasione per la sinistra italiana”)». Il fatto di esultare sia per Tony Blair che per Mélenchon dimostra lo stato confusionale che regna da quelle parti perché parliamo di opposti che più opposti non si può, ma passi anche questo.
Lo stupore è che oggi l’entusiasmo va oltre: siamo pronti, la Francia dimostra che le destre si possono battere – sostengono da quelle parti – ora tocca a noi governare. Piccolo dettaglio: per i prossimi tre anni in Italia non sono previste elezioni, né c’è sentore di crisi di governo. Alias: non tocca a voi governare, stiamo semplicemente parlando del nulla assoluto, cose da libro dei sogni. Ma volendo sognare al sogno manca un tassello fondamentale, senza il quale si resta nel campo delle favole.
In Francia le destre sono state messe all’angolo non da Mélenchon bensì da Macron, un liberale di sinistra che odia, ricambiato, i comunisti. Lui ha architettato il piano, lui ha garantito i francesi, lui ha i voti per fare eventualmente un governo di sinistra. In Italia la sinistra ha avuto il suo Macron prima in Renzi, ma l’ha cacciato, poi si è presentato Calenda ed è stato respinto (per non parlare del trattamento riservato a Draghi). Difficile immaginare, fra tre anni, un lieto fine elettorale con uno schieramento che faccia perno su Schlein, Fratoianni e Ilaria Salis. Tantomeno Mélenchon, che è pure francese.