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La logica del caminetto che penalizza l’Italia. Il j’accuse della Meloni contro l’oligarchia Ue. “All’Italia spetta un ruolo migliore”

Giorgia Meloni sceglie l’arena del Parlamento italiano per rinnovare il suo attacco alla logica del “caminetto” e al “metodo anti-democratico” di condurre la trattativa sui top job con la modalità della “conventio ad excludendum”. Alla vigilia di un consiglio europeo cruciale per gli assetti della futura commissione, la presidente del Consiglio chiede alle Camere il mandato per andare a trattare un ruolo importante, magari di vice presidente, per l’Italia.

Faremo “meglio” del Pd, assicura, che ottenne la nomina dell’ex premier Paolo Gentiloni a commissario all’Economia nell’esecutivo europeo uscente.

Nelle comunicazioni e nella successiva replica al dibattito, a Montecitorio, la premier nomina Ursula von der Leyen solo per sottolineare come il contrasto all’immigrazione illegale sia definito una priorità anche nella lettera con cui la tedesca si candida a un terzo mandato. Durissima è la critica alle modalità con cui i leader europei stanno conducendo la trattativa per la formazione del nuovo esecutivo Ue, coinvolgendo i liberali, ma escludendo i Conservatori, gruppo che Meloni presiede, diventato – a discapito dei liberali, appunto – il “terzo partito in Europa”. Come è netta la dichiarazione di indisponibilità a fare “inciuci” con la sinistra.

Il bilancio sulla commissione uscente è negativo per quanto riguarda le norme “ideologiche” del Green deal e le misure penalizzanti per agricoltori e imprese. Ma la porta sembra rimanere aperta su quanto fatto in tema di politiche migratorie, investimenti nel settore difesa e rapporti con l’Africa, sul modello italiano.

Meloni, quindi, alza la posta e parte per Bruxelles con l’obiettivo di ottenere il massimo per l’Italia, anche grazie al rapporto personale costruito con von der Leyen. Da Palazzo Chigi si punterebbe a chiudere la trattativa nel summit di domani e dopodomani e a dare un eventuale via libera alla nascita della nuova commissione solo in cambio di una vicepresidenza con delega ‘di peso’ all’Italia (magari il Pnrr). Il sì di Meloni al summit non è scontato ma potrebbe trasformarsi in un voto favorevole alla commissione da parte del gruppo di Fratelli d’Italia in Europarlamento. Su questo la premier è stata chiara, fin dall’inizio dell’anno: non significherebbe aderire alla maggioranza che sostiene il nuovo esecutivo europeo.

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