Il cda di Banco Bpm ha rivolto drastiche critiche all’ops di Unicredit rilevando che non riflette la redditività e il potenziale di crescita dell’istituto.
Preoccupazioni riguardano le ricadute sociali e i rapporti con il personale.
Occorre premettere che l’operazione solleva dubbi e critiche non sottovalutabili; è importante discuterne in maniera trasparente a tutti i livelli.
Bisogna però stare attenti alle motivazioni delle censure se non si vuole non incorrere in boomerang.
Quando il governo tedesco manifestò contrarietà all’acquisizione della Commerzbank da parte di Unicredit si levarono le grida contro l’ingerenza governativa sostenendo che l’unica titolata a intervenire era la Vigilanza Bce.
Allora si scrisse su queste colonne di dover prepararsi a osservare la stessa linea qualora si fosse verificato un episodio simile in casa nostra.
Neppure a farlo apposta, il caso si è sollecitamente presentato ma in determinate aree politiche si praticano i «due pesi e due misure» ritenendo che il governo debba intervenire fino all’attivazione del golden power.
Ora l’esecutivo, quale primo azionista di Mps coinvolto nell’operazione, è pressappoco nella stessa situazione del governo tedesco, ancora primo azionista di Commerz.
Si ritiene legittimo l’intervento di entrambi o solo di quello italiano e sulla base di quali motivazioni?
Il secondo problema riguarda il ruolo della Vigilanza accentrata e nazionale.
Si ritiene che l’Unicredit abbia informato preventivamente l’una e l’altra.
Se così è accaduto, è difficile immaginare che vi sia stato un alt, poi non osservato dal ceo Andrea Orcel.
Ma se è così, come la mettiamo con tanti presunti esperti che molti anni fa si strappavano le vesti perché una delibera del Cicr aveva formalizzato l’obbligo, per una serie di operazioni a cominciare dalle concentrazioni, dell’informativa preventiva da parte delle banche all’organo di vigilanza?
Si sbagliava allora e ora non più? O si sbaglia anche adesso?
E perché allora ci si domanda cosa abbia fatto finora la Vigilanza a proposito dell’iniziativa dell’Unicredit?
Quando fu abrogato l’obbligo dell’informativa preventiva, qualcuno parlò di riforma costituzionale trascurando che l’obbligo era motivato dall’esigenza di evitare bruschi mutamenti nei mercati con l’eventuale bocciatura di operazioni intraprese.
Oggi comunque si scopre che almeno di fatto l’obbligo sussiste.
E che dire del prezzo di un’aggregazione? Spetta alla Vigilanza valutarlo oppure no?
Si potrebbe continuare con le contraddizioni e le aporie nonché con la memoria cortissima a diversi livelli.
In ogni caso l’operazione in questione contempla il primo passo nella formalizzazione della comunicazione dell’offerta alla Bpm e nel riscontro da parte di quest’ultima.
L’analisi della Vigilanza non potrà non essere diversa a seconda che si tratti di un’operazione consensuale od ostile.
Un tempo le operazioni non amichevoli erano viste con maggiore rigore per i maggiori costi a esse relativi.
Prevale altresì la piena competitività?
Certo, si ripete che è un’operazione di mercato.
Ma poiché si tratta di banche è obbligatorio tener conto della loro peculiarità e del bilanciamento necessario tra concorrenza, sana e prudente gestione, stabilità aziendale e stabilità sistemica.
Non è una gara per occupare la prima posizione in Italia o i primi posti in Europa che costituisce una motivazione adeguata di un’operazione del genere.
Le aggregazioni debbono innanzitutto rispondere alla ragion d’essere di una banca, che sostenere famiglie e imprese e tutelare meglio il risparmio.
Ovviamente accanto alle valutazioni della Vigilanza bancaria, se l’iniziativa proseguirà, vi saranno quelle di Consob, Antitrust e Ivass ai livelli nazionale ed europeo.
E tra le tante valutazioni non va trascurata quella che riguarda il ruolo di una Bpm autonoma, erede di una tra le prime banche popolari.