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Ecco le 5 ragioni dietro il nuovo record storico del rame | L’analisi

Il rame tocca un nuovo record storico al London Metal Exchange, sempre sull’onda del miglioramento dei rapporti commerciali tra Stati Uniti e Cina e per i timori sulle forniture mondiali. Una tonnellata del metallo rosso è arrivata a costare fino a 11.146 dollari, superando il precedente massimo assoluto di 11.104,5 dollari la tonnellata di maggio del 2024. Un rally di oltre il 26% dall’inizio dell’anno per il pilastro dell’industria e l’indicatore della crescita globale che si avvia verso il suo miglior anno dal 2017.

Una corsa alimentata ancora di più dalle parole del presidente statunitense, Donald Trump, che si è detto “ottimista” per l’incontro del 30 ottobre con l’omologo cinese, Xi Jinping, per risolvere la disputa commerciale tra le due potenze.

Ma a innescare la miccia a settembre “sono state le interruzioni nella produzione mineraria e il crescente interesse per la transizione energetica”, sottolinea Saverio Berlinzani, chief analyst di ActivTrades, spiegando che questo aumento è stato guidato principalmente dalle interruzioni nella produzione in importanti giacimenti minerari, come nel caso del sito di Grasberg, la seconda miniera di rame al mondo, situata in Indonesia, oltre a quelle in grandi miniere in Cile e in Africa.

Inoltre, all’inizio di questa settimana, Anglo American ha avvertito che la produzione di rame nella sua miniera principale sarà probabilmente inferiore alle attese nel 2026, dopo analoghi avvertimenti da parte di Teck Resources. Mentre oggi Glencore ha rivisto al ribasso la guidance sulla produzione dell’intero 2025 dopo aver registrato un calo dell’output di gran parte delle commodities nel terzo trimestre.

Per il 2025, il colosso minerario si aspetta una produzione di rame compresa tra 850.000 e 875.000 tonnellate, inferiore rispetto alla precedente forchetta di 850.000-890.000 tonnellate. A drenare gli acquisti sul metallo è anche la domanda in aumento per i settori delle energie rinnovabili e dei veicoli elettrici, ma anche per l’energia per i data center legati all’intelligenza artificiale.

Secondo l’Agenzia internazionale per l’energia, il consumo globale di rame passerà da meno di 27 milioni di tonnellate nel 2024 a quasi 33 milioni entro il 2035 (+23%). A questo si aggiunge la debolezza del dollaro, che rende le materie prime più attraenti per gli acquirenti stranieri. Alle 19 la Federal Reserve dovrebbe ridurre nuovamente i tassi d’interesse, mossa che potrebbe indebolire ulteriormente la valuta statunitense.

Senza contare che ad agosto Trump ha deciso di escludere le forme di rame grezzo dai dazi, applicandoli, invece, ai prodotti di rame lavorato o a valore aggiunto, ma ha lasciato aperta la possibilità di introdurli a partire dal 2027. Ciò ha portato a un flusso costante di rame verso gli Stati Uniti, aggravando la carenza di offerta per gli acquirenti di altre regioni.

Con le miniere in difficoltà e scorte americane di fatto bloccate, Morgan Stanley ha previsto che il mercato globale del rame affronterà nel 2026 il più grave deficit degli ultimi 20 anni. Così trader e analisti stanno diventando sempre più ottimisti man mano che crescono le interruzioni: Citi si aspetta un prezzo a 12.000 dollari la tonnellata nella prima metà del prossimo anno, altri pensano che il metallo rosso possa raggiungere quel livello ancora prima.

“Le prospettive future rimangono complesse, in ragione del fatto che, mentre alcuni analisti prevedono che il prezzo del rame per il 2026 possa anche salire sopra 11.500-11.875 dollari per tonnellata, facendo registrare nuovi record, supportati da una potenziale crisi di offerta e una ripresa della domanda, altri segnalano incertezze legate a fattori come la domanda cinese, che potrebbe indebolirsi in risposta ai prezzi alti e alle tensioni commerciali globali”, avverte Berlinzani.

Nonostante ciò, il consumo in Cina si è dimostrato relativamente resiliente finora: Goldman Sachs ha previsto una crescita della domanda del 5,3% per quest’anno.

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