“La Liguria si è dimostrata un modellino ristretto del solito centrosinistra: con la sua rissosità, le sue liti, le indecisioni, le polemiche inutili”.
Così, su Repubblica, Francesco Bei analizza il risultato delle Regionali liguri.
“La vittoria di Marco Bucci, seppure per una manciata di voti e offuscata da un’astensione record del 54%, si abbatte sul centrosinistra con la forza di verdetto inaspettato e garantisce una boccata d’ossigeno alla coalizione di governo.
Alcuni dati illuminano la scena.
Il primo è la forza del candidato del centrodestra, che ha saputo allontanarsi con scaltrezza dall’ingombrante presenza dell’ex presidente Toti.
Bucci, per gli elettori, è ancora l’uomo del Ponte, l’uomo del fare, in una regione dove si parla da decenni di infrastrutture senza mai realizzarle.
Il successo di Bucci è poi la vittoria personale di Giorgia Meloni, che lo ha imposto contro altre candidature di partito.
La premier tuttavia, ha poco da festeggiare, visto che Fdi sprofonda sotto il 15%, lasciando sul campo dieci punti rispetto alle Politiche.
Ma naturalmente la lezione più forte e più amara è nel campo del centrosinistra, che si è visto sfuggire per ottomila voti un risultato che pensava già in cassaforte.
Una doccia fredda su cui, da ieri sera, è partito il rosario delle accuse reciproche.
Se Italia Viva fosse stata in coalizione quegli ottomila voti sarebbero andati a Orlando anziché a Bucci?
La domanda è legittima e la risposta probabilmente è positiva.
Ma forse il danno più grande che il M5s ha prodotto è stato quello di dare l’idea di una coalizione rissosa, concentrata sulle proprie beghe interne e non sui problemi delle persone.
È una crisi di credibilità quella che ha colpito il campo largo.
Il problema non è soltanto il partito di Conte, precipitato sotto il 5%.
Il tema sul tavolo è quello dell’assetto della coalizione che, se vuole essere competitiva, non può essere ogni volta à la carte”.