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Giuseppe Remuzzi (direttore Mario Negri): «Provo un grande rimorso. Fummo avvisati del Covid 4 settimane prima che scoppiasse in Italia, ma non ci credemmo»

Non abbiamo creduto subito al Covid e questo «è un rimorso che mi porterò dentro per sempre». Lo dice Giuseppe Remuzzi, il direttore dell’istituto Mario Negri. «La comunità scientifica, della quale faccio parte, ha una enorme responsabilità nel disastro di questi due anni», sottolinea parlando dei due anni di pandemia e della reazione che ebbe quando gli fu mostrato lo studio pubblicato il 24 gennaio su Lancet nel quale i colleghi cinesi che avevano studiato i pazienti infettati da un nuovo Coronavirus a Wuhan, annunciavano cosa sarebbe accaduto.

Il rimorso

«Non ci abbiamo creduto» sottolinea Remuzzi in una intervista al Corriere della Sera «nel giro al massimo di 72 ore avremmo dovuto dare vita a una mobilitazione, avvertire le autorità, far sentire la nostra voce, parlare con i singoli ricercatori. Invece, abbiamo perso tempo, abbiamo perso almeno quelle 4 settimane che poi furono fatali alla mia Bergamo».

La paura

Remuzzi non nega di aver avuto paura «a un certo punto, dissi a uno dei miei più cari amici: qui moriamo tutti», racconta e non nega nemmeno di aver assistito alla partita Atalanta-Valencia disputata a San Siro il 19 febbraio che fece diffondere il contagio: «Non andavo allo stadio da 20 anni» ricorda «racconto questa vicenda per dire come nonostante le conoscenze tecniche che stavamo immagazzinando, eravamo ben lontani da una corretta percezione della realtà. Dopo, è facile per tutti fare i professori. Ma quella sottovalutazione generale rimane l’errore più grande».

Il primo vaccino

Remuzzi, infine, descrive il giorno della vaccinazione come il migliore: «La data precisa è il 27 dicembre 2020» ricorda «il direttore dell’azienda sanitaria di Bergamo mi chiese di fare il vaccino per primo. Provai una sensazione di grande privilegio, della quale quasi mi vergognavo». 

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