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Il Buono, il Brutto e il Cattivo. Analisi dei tre piani per il rilancio dell’Italia. Tra illusioni e verità spiacevoli

Nei giorni scorsi abbiamo visto in rapida successione tre documenti istituzionali importanti sulla impostazione delle politiche del rilancio.

Prima è stato rilasciato il cd Piano Colao, commissionato dal governo ma di fatto derubricato a un contributo utile tra i tanti.

Poi abbiamo avuto il Piano ‘Progettiamo il Rilancio’ del governo (in realtà della Presidenza del Consiglio). Ed infine il documento dell’audizione del Governatore della Banca d’Italia agli Stati Generali che ricalcano comunque in maniera sintetica la sua Relazione letta a fine maggio.

Quindi nell’ordine dovrebbero essere il tecnico, il politico e l’economista (o il banchiere ma ho il sospetto che Visco preferisca la prima definizione) ma dopo spiegherò perché li ho messi in questo ordine con la chiara allusione cinematografica.

I due più direttamente comparabili sono i primi due ovviamente perché hanno l’esplicita ambizione di rappresentare di piani, mentre quelle del governatore sono raccomandazioni più generiche ma come vedremo le uniche che sembrano avere un senso.

Del Piano Colao si è detto in un precedente articolo su Riparte L’Italia (https://www.ripartelitalia.it/piano-colao-troppe-schede-molti-buchi-e-poca-radicalita/). Il Piano, considerando l’ampiezza (102 schede, alcune multiple) è parziale; mancano intere aree di intervento mentre altre, pur importanti, sono davvero enfatizzate con duplicazioni incomprensibili. Tra i grandi assenti una discussione su come riorientare il welfare per lo sviluppo, la questione della coesione territoriale, la questione del sistema dell’istruzione. Grossa enfasi sulla ricerca, sulla questione dell’occupazione femminile, sulla burocrazia (con alcune proposte interessanti su come motivare il management del settore pubblico), sul turismo. Nel suo complesso il Piano è molto ispirato alla visione delle elite sovranazionali del nostro paese, col vecchio vizio di guardare molto al modello economico e sociale nordamericano, proprio nel momento in cui esso mostra più evidentemente la corda. Una critica particolarmente rilevante è che ovviamente Colao non si è occupato della sostenibilità finanziaria del Piano stesso (Cottarelli).

Il Piano governativo ha ovviamente alcune cose in comune col primo, ma molte dimensioni sono espanse e altre sono aggiunte. Complessivamente è meno incompleto. La digitalizzazione, che nel piano Colao era importante nel capitolo sulle infrastrutture, qui assume un rilievo autonomo. Inoltre sono aggiunte come dimensioni autonome del Piano (Capitoli se vogliamo), gli interventi per un paese più verde e sostenibile, e quelli per un ordinamento giuridico più moderno. Nel primo caso si tratta di una necessità dettata anche dalla agenda europea che ha al centro della strategia della nuova Commissione il cd. Green Deal. Nel secondo caso probabilmente si tratta di una questione di cultura del Presidente del Consiglio, anche se la questione della efficienza della giustizia è ineludibile se rilancio ci deve essere.

Il Capitolo su turismo e cultura del Piano Colao viene integrato con altre filiere produttive (automotive, agroalimentare ed acciaio). Al di là delle motivazioni della scelta di questi settori rispetto ad altri il rilievo assoluto dato al turismo e cultura nel Piano Colao appariva curioso.  Più in generale va detto che il Piano del governo appare più completo di quello di Colao, non vi sono dimenticanze.

Tuttavia il Piano della Presidenza del Consiglio ha in effetti il problema opposto. Di fatto esso non fa alcuna scelta di priorità sulle possibili ricette.

Il punto in cui questo problema si manifesta in maniera eclatante è nella sezione sulle infrastrutture. Quasi tutti gli esperti sono d’accordo nell’indicare lo sviluppo delle ferrovie come prioritario sia per motivi ambientali che di congestione e velocità.

L’Alta Velocità ha sicuramente rappresentato un volano importante per lo sviluppo delle città attraversate nel corso degli ultimi decenni. Un trasporto merci su rotaia efficiente d’altro canto potrebbe trasformare l’Italia nel mercato principale della logistica dell’Unione Europea, considerando che con il raddoppio del Canale di Suez, la gran parte del traffico merci via nave passa nel Mediterraneo.

Le ragioni di un investimento consistente sono quindi valide. Ma l’elenco delle opere da finanziare, riportate di lato qui sotto, lascia molto perplessi. 

In sostanza il Piano vuole completare l’Alta Velocità con una ambizione che definirei di copertura della mappa geografica.

Le considerazioni relative alla densità abitativa e la sostenibilità economica sono totalmente ignorate. Se da un lato le analisi costi benefici hanno dimostrato più volte di essere uno strumento predittivo scarsamente efficiente nel caso delle grandi infrastrutture sistemiche, ignorare il bacino di utenza potenziale e tracciare linee sulla cartina con lo scopo di riempire tutte le porzioni di territorio che non sono attraversate da una linea AV non appare un approccio preferibile.

LA RETE FERROVIARIA E STRADALE: L’ITALIA IPERCONNESSA

~ Completamento Alta velocità (Genova-Roma, direttrice adriatica, Roma-Ancona, Roma-Pescara, estensione in Calabria, Basilicata, Puglia e Sicilia)
~ Nord-Sud, Est-Ovest: integrazione tra reti
~ Opere prioritarie: potenziamento infrastrutturale dei nodi ferroviari, 13 direttrici ferroviarie, 39 opere stradali
~ Potenziamento del trasporto regionale

In sostanza si dovrebbero completare l’asse adriatico e tirrenico, e in aggiunta completare la rete con 3 o 4 attraversamenti est-ovest, che pongono il problema addizionale dell’attraversamento degli Appennini (ovvero costano molte volte di più di tratte pianeggianti). Probabilmente circa 2000 km di alta velocità in gran parte in aree a scarsa densità abitativa. Approcci di questo tipo fanno sorgere il dubbio che in realtà si stia facendo una lista di tutte le cose possibili senza alcuna discriminazione tra quanto auspicabile considerando i costi, e quanto assolutamente improponibile. Si noti che invece nel libro dei sogni manca la Napoli-Bari in costruzione da più di un decennio, che in questo giorni registra dei passi avanti ma dovrebbe essere completata nel 2026, e le ferrovie siciliane che collegherebbero 3 grandi città con un bacino d’utenza potenziale di più di 1 milione e mezzo di persone in un territorio dal raggio di 100 km circa. Queste opere, assolutamente preminenti, si danno per acquisite anche se sono tutt’altro che realizzate e andrebbero velocizzate.

In ultima analisi i due documenti pur sovrapponendosi in parti consistenti hanno difetti opposti. Quello di Colao trascura alcuni aspetti rilevanti, anche se su alcuni punti propone degli spunti interessanti a volte concreti. Quello della Presidenza è completo anche nel senso che non compie alcuna scelta di priorità. Di fatto indica ogni possibile strategia e quindi non ne indica nessuna concretamente. Si tratta di un elenco non ragionato di tutto quello che potremmo fare non che dovremmo fare considerando i vincoli. Questo approccio è particolarmente preoccupante considerando che si tratta del documento con cui si entra nella discussione con le ‘parti sociali’. Da questi colloqui in genere si esce con ulteriori richieste o con l’espansione delle richieste su capitoli già previsti. Il rischio è quindi che dagli ‘Stati Generali’ esca un vero e proprio libro dei sogni senza una vera scala di priorità.

Il documento del Governatore infine non ha i difetti dei due menzionati. Parte da un’analisi convincente del nostro problema (debito pubblico e produttività) e ne fa discendere alcune priorità. Meno che nei documenti precedenti e certamente meno dettagliati. Le risorse vanno concentrate per il governatore negli incentivi al buon funzionamento alla PA e della giustizia, nell’investimento in capitale pubblico infrastrutturale e umano, nella ricerca, nel nostro patrimonio artistico e culturale. Con il caveat che le risorse sono preziose e quindi bisogna di volta in volta cercare gli impieghi a più alto valore aggiunto. Certo il Governatore ha il vantaggio di non dover (e forse di non poter) scendere nel dettaglio di proposte concrete.

In ultima analisi i documenti non sono diversissimi nelle soprapposizioni, ma gli approcci divergono sostanzialmente.

Tornando alla suggestione Leoniana i tre documenti potrebbero essere detti de il Buono, il Brutto e il Cattivo. Il Buono è senz’altro il Presidente del Consiglio perché il documento è sicuramente destinato a piacere a chiunque sia alla ricerca del pezzo che lo riguarda e quindi accontentare tutti (solo per fare un esempio dovunque tu sia ci sarà una stazione dell’Alta velocità vicino a casa tua).

Ci sono comunque limiti anche a questa operazione. Se si avvalla la visione secondo cui le risorse sono illimitate e esiste un diritto incondizionato al ‘ristoro’, si corre il rischio di generare aspettative irrealistiche e frustrazioni, specie quando le erogazioni sono bloccate da una macchina amministrativa particolarmente lenta. 

Il Brutto è Colao. Infatti il suo documento, immediatamente disconosciuto dal governo, non è piaciuto praticamente a nessuno.

Il Cattivo è invece Visco perché ci ricorda alcune verità spiacevoli; che le risorse vanno concentrate sui capitoli essenziali e che all’interno dei capitoli bisognerà operare delle scelte, data la nostra situazione di bilancio.

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