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Ecco la trappola liquidità per il risparmio | L’analisi

Lasciare il risparmio parcheggiato o investire?

La tentazione di restare liquidi, scrive MF-Milano Finanza, è alta perché a seguito del rialzo dei tassi da parte della Bce i conti di deposito vincolati hanno aumentato le remunerazioni del cash fino al 5% (il doppio di un anno fa) e ora anche i conti correnti iniziano a fruttare (come è il caso del 2,5% offerto da Illimity, che per la prima volta remunera le giacenze).

Non a caso i dati Abi segnalano che, prima per la paura per il Covid, poi per l’aumento dei tassi, i depositi si sono gonfiati di risparmi: la raccolta bancaria in liquidità (conti correnti, conti vincolati e pronti contro termine) è a quota 1.783 miliardi di euro, oltre 250 miliardi in più rispetto al marzo 2019.

Intanto negli ultimi tempi i titoli di Stato, da sempre l’asset preferito dalle famiglie italiane, sono tornati al centro dell’attenzione perché rendono molto di più di un anno fa: attorno al 4,2% i Btp decennali, quattro volte più di inizio 2022.

Non a caso il governo si appresta a lanciare una nuova famiglia di titoli dedicata esclusivamente ai piccoli risparmiatori: i Btp Valore la cui prima emissione sarà dal 5 al 9 giugno.

“L’aumento dei tassi ha sostenuto la domanda degli investitori retail in Btp, che da settembre hanno aggiunto 50 miliardi di euro ai loro portafogli di titoli di Stato”, osservano gli strategist di Unicredit Research.

La conseguenza è che la raccolta fondi da inizio anno è negativa per 1,6 miliardi (si veda tabella nella pagina accanto).

In questo scenario le società di gestione stanno cercando nuove formule per riportare le famiglie italiane sul risparmio gestito, un’operazione non facile di fronte all’appeal dei titoli di Stato o dei conti di deposito che sono percepiti come asset a basso rischio.

Ma la posta in gioco è alta: l’inflazione infatti in aprile ha segnato una variazione annua del +7% nell’area euro, un livello superiore sia ai rendimenti della liquidità remunerata sia a quelli dei Btp.

Nonostante l’aumento, i tassi reali, ovvero i tassi nominali meno l’inflazione, rimangono infatti negativi nell’area euro, mentre negli Stati Uniti, dove l’indice dei prezzi al consumo di aprile si è attestato al 4,9% annuo, sono diventati marginalmente positivi su alcune componenti dell’inflazione che è in calo, ma ancora troppo elevata.

Per questo motivo le società di gestione stanno mettendo in guardia i risparmiatori sui rischi di inflazione.

“Oltre ai conti di deposito vincolato, gli italiani continuano a preferire il Btp che tuttavia non può essere l’unica risposta.

Principalmente perché se un investimento in Btp potrebbe sembrare nell’immediato una buona soluzione, nel lungo periodo c’è il rischio di portare a casa rendimenti negativi, specie se l’inflazione, che erode il potere d’acquisto e il valore dei risparmi, dovesse restare a livelli elevati a lungo”, premette Alessandro Tentori, chief investment officer di Axa Im Italia.

E le aspettative sui prezzi dell’area nei prossimi 12 mesi stanno aumentando, come emerge dall’ultimo sondaggio mensile della Bce: le indicazioni sono per un rialzo al 5% dal 4,6% dell’analisi precedente.

“Meglio, quindi, un portafoglio obbligazionario diversificato piuttosto che puntare solo sul Btp perché il suo livello di rendimento potrebbe non essere sufficiente a contrastare l’impatto dell’inflazione sull’investimento”, dice Tentori, “inoltre nell’ultimo anno ipoteticamente un investitore avrebbe potuto realizzare rendimenti migliori con un portafoglio più bilanciato su diversi titoli obbligazionari”.

D’altra parte anche i grandi patrimoni dei family office internazionali stanno fuggendo dal cash a favore di maggiori investimenti in tutte le asset class, a eccezione delle criptovalute, perché nemmeno loro sono immuni dalla fiammata dell’inflazione che impone una diversificazione in grado di ridurre l’impatto della svalutazione.

Stando al Family Office Investment Insight Report 2023 di Goldman Sachs (si basa sulle interviste condotte a 166 strutture in tutto il mondo) nei prossimi 12 mesi molti family office non intendono continuare a puntare sulla liquidità, mostrandosi invece propensi al rischio con un aumento previsto delle allocazioni in azioni (quotate e non) e un incremento moderato dell’esposizione al reddito fisso per cogliere le opportunità offerte dai tassi più elevati.

Una parte significativa, rileva il report, sta riducendo la parte liquida del portafoglio: il 35% prevede di diminuire le allocazioni in cash.

“Dopo oltre un decennio quasi ininterrotto di politiche monetarie ultra-espansive, che avevano contribuito a far saltare le tradizionali decorrelazioni presenti tra obbligazioni e azioni, rendendo più complicato definire una adeguata diversificazione di portafoglio, oggi con il ripristino di politiche monetarie più convenzionali è tornato cruciale definire una corretta asset allocation che permetta di sfruttare le ritrovate decorrelazioni, senza trascurare la componente obbligazionaria governativa che può rappresentare un elemento di protezione da eventuali nuovi picchi di volatilità dei mercati azionari”, spiega Luca Bonifazi, responsabile advisory & multi family office di Valori Am.

E in una fase come quella attuale, caratterizzata da incertezza sia sull’inflazione e sia sulle politiche delle banche centrali, “è più prudente concentrare l’investimento obbligazionario sulle scadenze più brevi.

Non è infatti ancora arrivato il momento di allungare la duration, peraltro in un contesto in cui con obbligazioni che hanno scadenze tra i due e i cinque anni si possono ottenere rendimenti molto vicini a quelli offerti dai bond con duration più lunghe, ad esempio decennali.

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