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È necessario un altro taglio dei tassi | L’analisi di Marcello Messori

“Nella sua ultima riunione, il Consiglio direttivo della Bce ha deciso di ridurre i tassi di interesse di policy di 25 punti-base avendo, peraltro, cura di sottolineare che tale primo taglio non andava interpretato come l’avvio di un graduale allentamento della politica monetaria nell’euro-area. Le ragioni, che possono giustificare questo segnale prudenziale, sono almeno quattro. La prima è che, non sorprendentemente, il rientro dei tassi europei di inflazione verso la soglia del 2% non è un processo lineare e distribuito in modo omogeneo fra settori e paesi”.

Lo sostiene l’economista Marcello Messori dalle colonne del magazine digitale Inpiù.net

“La seconda ragione è che, dovendo compensare una politica espansiva di bilancio in presenza di gravi e persistenti squilibri macroeconomici, la banca centrale statunitense (Fed) ha margini di azione limitati che la spingeranno a ridurre i propri tassi di policy più a ridosso delle elezioni presidenziali. La terza ragione, direttamente legata alla precedente, è che la Bce mira a depotenziare il decoupling rispetto alla politica della Fed così da non alimentare l’inflazione europea a causa di sistematici deprezzamenti dell’euro rispetto al dollaro. La quarta è che, nonostante una fase di stagnazione, in media l’euro-area non è caduta in recessione e sta dando timidi segnali di ripresa.

Tali comprensibili ragioni non cancellano un fatto, ammesso dalla stessa Presidente Lagarde: il modesto taglio della Bce non ridefinisce l’intonazione restrittiva della politica monetaria. Se questo taglio non si accompagnasse a una riduzione nei tassi di interesse di policy di almeno altri 25 punti-base entro l’estate, aprendo così un processo espansivo, l’interazione con le altre politiche dell’Unione europea (Ue) diventerebbe problematica.

Come è noto, le decisioni monetarie manifestano i loro effetti con ritardi di vari trimestri. Il rischio è perciò che l’impatto dell’attuale politica restrittiva della Bce si sovrapponga con la fine di Next Generation-Eu e con l’attuazione degli aggiustamenti nazionali sollecitati dalle nuove regole fiscali. A fronte delle sfide delle tre transizioni (‘verde’, innovativa e sociale) e di un nuovo quadro politico europeo meno favorevole alla centralizzazione, il risultato sarebbe un drammatico stallo e l’emarginazione della Ue in un quadro internazionale sempre più conflittuale” conclude.

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