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Sul portafoglio digitale l’Italia arriverà prima | L’intervento di Igor Marcolongo, head of business evolution InfoCert-Tinexta Group

Il regolamento eIDAS2 (electronic IDentification, Authentic and trust Services), in vigore dal 20 maggio, modifica in maniera significativa la gestione dell’identità digitale a livello europeo e i servizi fiduciari utilizzati tra privati, pubblica amministrazione e nei contesti business to business quali sono la firma qualificata, la Pec, l’archiviazione dei documenti.

eIDAS2 è un aggiornamento del regolamento eIDAS in vigore dal 1° luglio 2016, emanato dopo tre anni di lavoro e negoziazioni con l’intento di aumentare la sicurezza delle transazioni digitali nel mercato unico europeo.

A quasi dieci anni dall’avvio del Regolamento eIDAS, d’altra parte, il bilancio che si può fare rispetto agli obiettivi fissati dalla prima versione è connotato da luci e ombre.

Mentre l’Italia si posiziona come sistema virtuoso, grazie al sistema dei Prestatori di servizi fiduciari qualificati e al forte sviluppo dell’identità digitale Spid e, più di recente, dall’impulso dato dal governo all’adozione e all’utilizzo della Cie (Carta d’identità elettronica), molti Stati membri non hanno saputo costruire un’architettura di identità digitale di successo paragonabile, né hanno saputo sviluppare strumenti come la Pec o la diffusione della firma digitale in maniera diffusa.

Per questo motivo, eIDAS 2 si propone di giungere a una ottimizzazione dei sistemi di identità, centrati sullo sviluppo e la diffusione dello European digital identity wallet (Eudi), la cui regolazione costituisce il vero cuore del regolamento.

Si tratta di un portafoglio di identità digitale, plausibilmente mobile, valido in tutta Europa e che conterrà i documenti di identità e potrà contenere tutte le altre informazioni relative al cittadino, definite “attributi”, come il certificato di nascita, la patente, il diploma di laurea, le informazioni bancarie, il gruppo sanguigno, ecc.

Queste informazioni di identità e attributi potranno essere scambiate in modalità sicura, secondo standard tecnici condivisi ma soprattutto in modalità privacy-preserving: solo il possessore del wallet potrà decidere volta per volta quali informazioni condividere e con chi farlo.

Il wallet manterrà la traccia di ogni condivisione per fornire all’utente la storia dello scambio dei suoi dati e, eventualmente, consentire di attivarsi per interrompere i trattamenti non considerati graditi e tutelare la sua privacy.

Il tutto funzionerà in maniera analoga in tutti e 27 Stati membri dell’Ue, e in tutti gli altri Paesi che, ispirati dalla norma europea, decideranno volontariamente di introdurre iniziative analoghe. Tutti i 27, infatti, dovranno riconoscere obbligatoriamente l’identity wallet degli altri Stati membri, utilizzando tecnologie e standard comuni per quindi giungere all’agognata armonizzazione transfrontaliera o, usando il termine più tecnico, l’interoperabilità dei sistemi.

Anticipando la realizzazione degli obiettivi di eIDAS 2 e ponendosi ancora una volta all’avanguardia, l’Italia ha varato il progetto It-Wallet, che metterà a fattor comune i tre sistemi di identità digitale presenti nel nostro Paese: la Cie, lo Spid e la Cns (Carta nazionale dei servizi).

Il governo punta a rendere disponibile It-Wallet in fase sperimentale entro settembre 2024, per andare a regime dall’inizio del 2025.

Sul fronte europeo, stando alla roadmap attualmente condivisa, si arriverà a una versione definitiva del portafoglio digitale a partire dal 2026, per renderne poi l’uso obbligatorio per una serie di settori dal novembre 2027.

Superata la sfida di scrivere il regolamento e immaginare i nuovi strumenti come l’Eudi wallet, l’obiettivo è arrivare alla realizzazione in tempi coerenti con la velocità richiesta dai mercati internazionali, per confermare l’Europa come laboratorio di sperimentazione sul digital trust, presentando il Vecchio continente come campione dell’identità digitale a livello globale.

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