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Chiara Saraceno (La Stampa): «La scuola è veramente pronta alla riapertura?»

La riapertura dell’anno scolastico è sempre più imminente e i dubbi che caratterizzano la ripresa delle attività didattiche persistono. Li rimarca Chiara Saraceno che si domanda se la scuola sia «davvero preparata a riaccogliere docenti, studenti, personale tecnico, ad affrontare per il terzo anno le esigenze, e le incognite, di una pandemia ancora non vinta e le aspettative e i bisogni di studenti che vengono da due anni in cui hanno fatto scuola spesso in modo irregolare e discontinuo, comunque in molti casi per lo più a distanza?»

«È lecito avere qualche dubbio», scrive Saraceno sulla Stampa. «Tutta l’attenzione si è concentrata sulle, importantissime, vaccinazioni, lasciando ai margini tutto il resto. Ma il silenzio e la disattenzione non riguardano solo le questioni logistiche. Riguardano anche il tipo di scuola, i modelli di didattica e apprendimento con cui ci si avvia al nuovo anno scolastico. Qui sembra che nulla sia avvenuto, che questi due anni siano semplicemente da lasciare alle spalle, ricominciando da dove, un anno e mezzo fa, la pandemia ha imposto una frattura».

«Come se gli studenti che in questi giorni entrano nelle aule non avessero nel loro bagaglio di esperienza quanto è avvenuto, a scuola ma non solo. E come se, quanto di positivo e negativo sul modo di fare didattica e favorire gli apprendimenti non fosse rilevante ai fini del modo di fare scuola “normale”. Gli studenti e le studentesse che in questi giorni iniziano il primo anno della scuola secondaria di secondo grado, ad esempio, vengono da due anni in cui sono stati pochissimo in aula».

«Quindi non hanno maturato, non solo i ritmi della scuola in presenza, ma anche le modalità di interazione tra pari e con gli/le insegnanti propri delle relazioni faccia a faccia in contesti formali e di negoziazione dei confini e distinzioni tra scuola e casa. Comunque tutti/e, specie nella scuola secondaria di primo e secondo grado, hanno sperimentato modalità di studio e apprendimento in parte differenti».

«E molti hanno accumulato deficit di apprendimento e prima ancora di capacità e motivazione ad apprendere in una misura tale da far parlare di “dispersione implicita”, che si aggiunge a quella, già elevatissima in Italia, esplicita. Si tratta, infatti, di studenti e studentesse che non hanno formalmente abbandonato la scuola, ma in qualche modo si sono “scollegati”, perché i loro apprendimenti non consentono loro di stare al passo, innescando un circolo vizioso di perdita di motivazione e interesse».

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