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E’ stato un grande errore aver trasformato i corsi di laurea da quadriennali in quinquennali. E vi spiego perché | L’intervento di Carlo Bottari, docente Università di Bologna

Bologna in questi giorni ha ospitato un importante Convegno sulla figura del Giurista. Tutti i giornali pubblicano l’ennesima graduatoria nella quale Bologna si mantiene, come da anni, saldamente al primo posto nei suoi studi di Giurisprudenza. Galli della Loggia scrive sul Corriere considerazioni, del tutto condivisibili, sulla triste stagione che sta attraversando, in genere, la nostra Università. Intendo l’Università che abbiamo frequentato noi professori ormai in quiescenza, che ha formato migliaia di ottimi magistrati, avvocati, notai ed ha avviato alla carriera universitaria il meglio della produzione con risultati che ci sono stati sempre invidiati in tutto il mondo.

Un modello che finirà inevitabilmente ad entrare in crisi, asfaltato (per usare termini trend ) dalle sempre più numerose università telematiche che dal Covid in poi hanno preso quel sopravvento ormai inarrestabile.

Volendo andare alla radice del problema non ho difficoltà a riconoscere come grande errore compiuto quello della trasformazione del nostro, come di molti altri, percorso didattico da quadriennale in quinquennale.

A cosa è servita? A farcire i numerosissimi e diversi curricula, facendo a gara tra le sedi ( inevitabile lo sviluppo della concorrenza come ci insegna il diritto europeo ), con centinaia di insegnamenti, anche dalle poco comprensibili denominazioni, del tutto superflui e fuorvianti in quei primi fondamentali anni di formazione giuridica, ma indispensabili per ampliare la sfera di influenza degli indiscussi Maestri, sistemare allievi e tanti fiancheggiatori sempre utili all’incremento dei propri interessi professionali.

Come conseguenza, la perdita di vista di quelle che debbono essere le fondamentali basi del giurista, quelle su cui ci siamo impegnati noi delle lauree quadriennali, senza l’aggiunta di fronzoli ed ammennicoli interessanti, originali, stimolanti, soprattutto doverosamente moderni ed innovativi, ma più correttamente collocabili in una formazione post-laurea che assecondi le vocazioni e le curiosità di queglii studenti che intendono veramente proseguire questi studi e non trovare, viceversa, comode occasioni di parcheggio.

Ed ancora, ha contribuito a ritardare l’inserimento del laureato nel mondo del lavoro, favorendo abbandoni, calo delle iscrizioni (come ci dicono i dati degli ultimi anni), e minore impegno individuale, indirizzandolo, come emerge dalle statistiche, verso destinazioni per le quali, forse, del giurista ( vero ) non c’è bisogno.

Ma Bologna, per il Diritto,  in cima alla classifica vi è sempre stata, dall’origine dell’Alma Mater Studiorum sia per tutti gli anni dei percorsi quadriennali, e non mi si risponda che oggi non vi è più bisogno di bravi magistrati, avvocati e notai.

Sappiamo, infine, con quale fatica si cerca di convincere i migliori laureati ad intraprendere la carriera universitaria.

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