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Per l’Italia i dati sulla corruzione sono ancora poco incoraggianti | Lo scenario

In tema di contrasto alla corruzione, nonostante gli sforzi compiuti, l’Italia registra ancora dati poco incoraggianti. È quanto emerge dalla relazione annuale di Giuseppe Busia, presidente dell’Anac, che quest’anno raggiunge il traguardo dei dieci anni dalla sua costituzione. “Ci si dimentica, spesso, delle vittime, di tutte quelle persone alle quali la corruzione ruba opportunità, prospettive, benessere, talvolta persino la vita”, ha detto Busia.

“Sono vittime della corruzione, intesa in senso amministrativo e non solo penalistico, le donne e gli uomini sepolti vivi sotto le macerie di infrastrutture ed edifici costruiti con la sabbia al posto del cemento; i lavoratori schiacciati o soffocati nei cantieri perché chi avrebbe dovuto vigilare sulla loro sicurezza è stato indirizzato verso altri obiettivi; i pazienti che scontano la scarsa qualità di attrezzature sanitarie acquistate attraverso procedure opache; i bambini malnutriti, nei Paesi più fragili, a causa di aiuti umanitari che si perdono nelle pieghe di torbidi intrecci tra burocrazia e malaffare. Anche quando non uccide, la corruzione arreca danni inestimabili, affinando le sue armi con mezzi sempre più subdoli”, ha aggiunto.

Durante il 2023, nell’ambito della vigilanza in materia di anticorruzione e trasparenza, l’Autorità ha avviato 395 procedimenti, molti dei quali definiti in fase preistruttoria, all’esito di una proficua interlocuzione con le amministrazioni e gli enti interessati. Sono stati 148 i pareri rilasciati, 92 le risposte a quesiti interpretativi. “Nonostante gli sforzi compiuti, l’Italia registra ancora dati poco incoraggianti – ha aggiunto il presidente dell’Anac – Dal rapporto 2023 sulle attività della Procura europea, l’Italia risulta il Paese con il valore più alto in termini di danni finanziari al bilancio dell’Ue stimati a seguito di frodi e malversazioni, anche riconducibili alla criminalità organizzata e nonostante i solleciti venuti anche da organismi internazionali, nel nostro Paese manca ancora una disciplina organica sulle lobby”.

Delicato il tema degli appalti pubblici: Busia ha spiegato che “le procedure contrattuali sono meccanismi delicati, la cui gestione va affidata solo a soggetti realmente capaci di curarne efficacemente l’intero ciclo. In caso contrario, si disperdono energie, si sprecano risorse pubbliche e si allungano i tempi”.

Nella relazione annuale, si legge che “si è passati dalle circa 26.500 stazioni appaltanti registrate a 4.353 soggetti qualificati, secondo i dati aggiornati al 30 aprile 2024. Si tratta di una notevole riduzione, pur tenendo conto delle diverse deroghe introdotte, a partire da quelle per gli appalti Pnrr e per i lavori al di sotto dei 500.000 euro. Deroghe che, nell’interesse delle stesse stazioni appaltanti, sarebbe necessario superare gradualmente, sottoponendo comunque a verifica le effettive capacità dei diversi enti allo stato esentati. Si tratta, fra l’altro, di un aiuto a rispettare i tempi previsti dal Pnrr”.

E sul Pnrr, Busia ha ricordato che “non possiamo permetterci insuccessi o battute d’arresto, specie per quanto attiene alle riforme in esso previste. Positivi sono gli sforzi diretti a concentrare il Piano sugli interventi effettivamente realizzabili entro il 2026 e, soprattutto, a coordinarne i contenuti con tutti gli altri ingenti fondi europei, sui quali l’Italia sconta da sempre rilevanti ritardi”.

I contratti pubblici sono e debbono rimanere il luogo privilegiato della tutela dei diritti e del lavoro regolare e protetto. “Purtroppo, l’Italia ha chiuso il 2023 con un allarmante numero di infortuni mortali sul lavoro e il 2024 conferma la tendenza. Dati drammatici, pur se non tutti riferiti ai contratti pubblici, che impongono alle stazioni appaltanti uno sforzo ulteriore per orientare verso le migliori pratiche le imprese e i committenti privati, peraltro nella direzione auspicata anche da alcuni recenti interventi legislativi in materia”, ha concluso il presidente dell’Anac.

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