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Per intercettare i mercati mondiali il made in Italy ha bisogno di uno sviluppo infrastrutturale integrato

Quali settori favorire prioritariamente per la ripartenza dopo il lockdown? Tutte le aree produttive andranno sostenute e incoraggiate, ma su alcune occorrerà puntare l’attenzione perché strategiche per il nostro Paese e perché, nelle condizioni attuali, incontreranno molti problemi. In queste riflessioni si tenta di individuare una filiera prontamente attivabile che potrebbe anche fornire un effetto volano.

I presupposti

  • La nostra filiera della produzione dei vini rappresenta un’eccellenza apprezzata ovunque con un fatturato di ben 11 miliardi di euro nell’ultimo anno, primi nel mondo. 
  • Da ogni luogo – in particolar modo dall’estremo Oriente – giungono nei nostri porti container destinati a ripartire vuoti. 
  • In molti porti del Mezzogiorno insistono delle ZES – Zone ad economia speciale, regolate dal d.p.c.m. n.12 del 25 gennaio 2018 -, aree con forte vantaggio fiscale, agevolazioni ed incentivi. 
  • Le Ferrovie italiane garantiscono delle mini reti di trasporto al servizio di questi terminal. 

Si deve creare un’alchimia fra questi fattori: i treni, che ora – ad esempio – trasportano automobili, dovrebbero avere carrozze dedicate ad imballi di vini di qualità di produzione locale, che nelle brevi tratte trans-regionali giungono ai porti dove trovano container da riempire per nuovi mercati verso i quali avviare una massiccia azione di promozione.

Lo Sviluppo infrastrutturale integrato

Si deve realizzare uno sviluppo infrastrutturale integrato tra differenti realtà economiche. Una logica che sarà urgente e vincente nei prossimi mesi poiché già da ora, come denunciato in una recente indagine di Coldiretti, si ha un eccesso di produzione di vini di qualità (una crisi solo nel mese di marzo ha coinvolto il 40 per cento delle aziende) per la drastica riduzione dei consumi che trascina un settore che occupa 1,3 milioni di lavoratori, danneggiato dalla chiusura dei ristoranti e dalla brusca interruzione dei flussi turistici. Tra le principali carenze individuate dall’indagine figurano le difficoltà logistiche e di comunicazione, ambiti in cui si rincorrono ritardi vecchi e nuovi. 

Come si legge nel contributo di Luigi Balestra bisognerà intercettare i segnali di cambiamento e promuovere a sistema le complessità aziendali in un’unica filiera a rete.

Un intervento infrastrutturale in ambito tradizionale che per essere moderno deve coinvolgere un’implementazione digitale, che potrebbe riguardare tutti i settori strategici del Made in Italy, a partire proprio dal comparto dell’agricoltura e delle produzioni di eccellenza, su cui l’impatto della crisi è più acuto. Infrastrutture e competenze digitali realmente finalizzate a rendere innovative, efficaci e competitive le leve dell’informazione e della comunicazione.

Per efficacia ed economicità gli investimenti potrebbero essere realizzati nelle ZES, aree retroportuali ma anche territori non adiacenti legati ai porti da un nesso economico funzionale – come previsto dall’art.4 del d.l. n.91 del 2017, convertito in l. n.123 del 2017 – dove si possono ottenere crediti per progetti fino a 50 milioni di euro (art.5, l. n.123 del 2017) e possibili sovvenzioni aggiuntive da parte delle regioni. Si deve sviluppare l’interconnessione di questi porti con il sistema ferroviario nazionale, gli interporti, i nodi logistici, i centri merci e le piastre logistiche del Paese.

Le regioni sono chiamate ad attivare ogni possibile fondo con riferimento alla Politica di Coesione e alla gestione dei fondi strutturali. Un mix di strumenti nazionali, primo fra tutti l’attuale Pon “Reti e infrastrutture”, e progetti specifici regionali per agricoltura o digitalizzazione, messi a disposizione dal bilancio comunitario.

Le opportunità offerte dalla Commissione Europea

Ora è importante sfruttare alcune opportunità offerte dalla Commissione europea per uscire dall’emergenza, quali le misure che riducono alcuni vincoli agevolando e semplificando l’utilizzo delle risorse UE; soluzioni che dovrebbero diventare modalità ordinarie nella gestione dei Fondi nel prossimo settennato 2021 – 2027. Ricordiamo che, ad oggi, solo per la vecchia programmazione vi sono ancora importi da certificare per 24 miliardi di euro oltre a tutte le ingenti risorse nazionali del Fondo Sviluppo e Coesione.

Per semplificare la costruzione di tale articolata struttura si devono subito ingaggiare gli studi realizzati sia delle Università – meglio se del territorio – sia della società UIRnet, che  la legge di stabilità per il 2013 (legge 24 dicembre 2012 n. 228) all’art. 1, comma 211, aveva previsto quale attuatore della cosiddetta “piattaforma logistica nazionale”, per garantire un più efficace coordinamento con le piattaforme ITS (intelligent network system) di proprietà o in uso ai porti o ai nodi logistici.

Come si legge nella Determinazione del 20 dicembre 2018, n. 133 della Corte dei conti un ruolo strategico è affidato alle Ferrovie dello Stato italiane che dispongono di contratti di servizio attivi con la quasi totalità delle regioni italiane per i servizi di trasporto locale (TPL). Al contempo sulla sua linea ferroviaria nazionale e internazionale, sempre più frequentemente viaggiano i container da e verso la Nuova Via della Seta. È l’ennesima occasione per coniugare il minor costo del nolo marittimo con i minori tempi di percorrenza dei trasporti ferroviari. 

L’esempio di Gioia Tauro

Un esempio di ambito ideale ove sviluppare queste idee può essere il porto di Gioia Tauro leader nella movimentazione container nel Mediterraneo, mare dove transita quasi un terzo dei traffici mondiali, e da tempo sottoutilizzato. Unitamente a piattaforme logistiche “da remoto” che devono fungere da luoghi di captazione delle merci, per il retroporto di Gioia Tauro si devono accelerare gli investimenti in impianti e servizi attraverso la sinergica azione con la Ferrovie dello Stato italiane.

In particolare, con la Rete ferroviaria italiana che ha già individuato interventi necessari per “realizzare un sistema intermodale eccellente”, prevedendo la realizzazione del gateway ferroviario e la rimozione dei c.d. “colli di bottiglia” sull’infrastruttura ferroviaria nazionale. Gioia Tauro potrà diversificare l’offerta di servizi portuali prevedendo (oltre al transhipment) l’integrazione tra le attività Deep-sea shipping (DSS) e quelle Short sea shipping (SSS) e sviluppare la limitrofa area industriale nella quale potranno operare imprese manifatturiere ad elevato valore aggiunto favorendo gli interscambi commerciali lungo corridoi longitudinali e trasversali della rete europea Ten-T.

La partita della competitività del Porto si gioca sulla qualità della logistica e dei sistemi integrati delle infrastrutture fra il porto e l’entroterra per favorire la rapidità dei flussi delle merci – ed i vini sarebbero soltanto un articolo di eccellenza – da e verso l’entroterra. Vista l’arretratezza e il cronico livello di congestione della rete stradale e autostradale il trasporto delle merci dovrebbe essere favorito da infrastrutture e servizi ferroviari soprattutto nel caso di distanze medio-lunghe.

Ben si potrebbe, solo per fare un esempio, sfruttare le due tratte ferroviarie che ogni giorno collegano l’importante stabilimento di Melfi con il porto di Gioia Tauro, affinché si aggiungano convogli alle bisarche, per trasportare i vini di qualità campani e lucani, dell’aglianico del Vulture o della zona di Manduria, destinati ad unirsi con i vini Cirò per salpare verso nuovi successi su tutti i mercati mondiali.

Il vino, beninteso, è solo uno dei tanti prodotti dell’eccellenza italiana che potrebbero essere valorizzati attraverso il sistema proposto. 

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