Con l’introduzione del salario minimo a 8 euro l’ora al netto della tredicesima e del Tfr i lavoratori dipendenti privati avrebbero un maggiore reddito disponibile pari a circa 3,3 miliardi l’anno. A parlarne, in una audizione alla Commissione Politiche dell’Unione europea del Senato, Pasquale Tridico.
Il presidente dell’Inps ha sostenuto i vantaggi della misura, che dovrebbe coinvolgere il 13,8% dei dipendenti privati, circa 1,8 milioni di lavoratori, in caso di conferma della soglia a 8 euro. Diversamente, nel caso in cui la soglia fosse fissata a 9 euro incluse le mensilità aggiuntive, sarebbero due i milioni di dipendenti privati coinvolti, pari a circa il 14,8% del totale.
«Seguendo un filone di ricerca economica keynesiana, nelle economie avanzate, salari più alti, e non salari più bassi potrebbero aumentare la produttività, perché agirebbero come stimolo per investimenti capital intensive, innescherebbero le leve distributive della crescita attraverso l’espansione della domanda aggregata, aumenterebbero l’impegno e l’efficienza dei lavoratori sul luogo di lavoro in quanto, secondo la teoria dei salari di efficienza, i bassi salari sono spesso accompagnati da insicurezza e scarsi incentivi per i dipendenti. L’introduzione di un salario minimo sposterebbe in aggregato sulla quota lavoro circa 4-5 miliardi di euro e potrebbe generare pertanto un impatto macroeconomico positivo».
Il presidente dell’Inps ha sottolineato i vantaggi della misura sia per i lavoratori più deboli sia per per la finanza pubblica, con maggiori risorse per 1,5 miliardi, tra dervianti da più contributi, Irpef, addizionali e meno assegni dal lato famiglie, più contributi e meno Ires-Irpef da quello imprese.
Tridico ha poi concluso. «Il maggiore gettito potrebbe finanziare sgravi per imprese nella fase di transizione, ad esempio la defiscalizzazione di parte o tutta la Naspi. Altri risparmi verrebbero dalla riduzione della spesa per gli assegni familiari e per il Reddito di cittadinanza. Il salario minimo avrebbe poi effetti distributivi, con la riduzione del working poor e potrebbe ridurre il gender gap dal momento che alle soglie più basse del salario sono maggiormente interessate le donne».