Analisi, scenari, inchieste, idee per costruire l'Italia del futuro

Non dobbiamo ricostruire ma progettare il futuro. Iniziando dalla scuola. Impariamo dal nostro glorioso passato

Guardando al passato, attraverso le varie vicissitudini storiche, alla base di ogni singola rinascita, troviamo sempre la laboriosità dei popoli.

In Italia, a seguito dei numerosi terremoti e dopo le due Guerre Mondiali, l’attenzione di chi governava in quel preciso momento storico è stata prevalentemente polarizzata sulla necessità di anteporre a qualsiasi altro argomento l’urgenza della ricostruzione.

Di conseguenza, per attuare la realizzazione di tali azioni la prioritaria necessità finiva per tradursi nell’urgenza di reperire tanto i fattori di produzione quanto le Risorse Umane, trascurando tutto il resto. Naturalmente, i primi ad accorrere sono stati sempre coloro che si trovavano in condizioni socio economiche difficoltose e, per vivere, l’unica risorsa che potevano vendere era rappresentata dalla loro forza lavoro. In contropartita, il segmento sociale in possesso del capitale culturale, oltre a costare di più poteva vendere le proprie conoscenze ad un costo più elevato, ritagliando per sé e per i propri familiari maggiori benefici, principalmente di natura economica, aprendosi ad una posizione sociale più agiata.

La pandemia che ci ha travolto, contrariamente al passato, non ha raso al suolo intere città e, di conseguenza, oggi non c’è l’urgenza di ricostruire ma necessita urgentemente ripensare il futuro.

Per intenderci, l’attuale struttura sociale, a seguito del Covid-19, ha colpito la classe media. Grazie ad un recente studio pubblicato dal professor Robert Reich dell’Università di Berkeley, nonché ex ministro del lavoro di Clinton, lo stesso, osservando le dinamiche afferenti alle crescenti proteste registrate in America, ha profilato quattro nuove classi sociali che nel tempo diverranno sicuramente le figlie della pandemia del 2020 rappresentati da:

  • i “remotes”, sono i tecnici e professionisti che, pur lavorando da remoto, hanno mantenuto una condizione socioeconomica identica a quella condotta in passato;
  • gli “essentials”, rappresentati da medici, poliziotti ma anche fattorini emancipati proprio dall’emergenza;
  • gli “unpaid”, assumano una interessante opportunità di comparazione ponendo l’Italia un passo avanti agli States: in America sono i disoccupati storici mentre da noi questo segmento oggi viene identificato proprio nella classe media composta principalmente dal mondo delle partite iva.
  • In buona parte, il mondo dei disoccupati, proprio in questa fase ha ottenuto maggiore privilegi grazie alle misure introdotte con il Reddito di Cittadinanza. In tale beneficio, sempre in Italia, è stato inclusa anche la categoria dei “forgotten” e cioè quell’archetipo composto dai dimenticati, senzatetto, migranti, sottoproletari urbani e non. 

La recentissima lezione, ha ben insegnato ad una platea molto estesa di persone che il vero futuro potrà essere ridisegnato grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie ed allo sviluppo della ricerca in ambito medico-scientifico.

Pensandoci bene, in pochissimo tempo, per poterci rimettere in gioco, oltre alla buona volontà, siamo stati chiamati a tirar fuori il rispettivo bagaglio di competenze informatiche per affrontare la nuova quotidianità e dare seguito alle attività di Smart Working.

Se in America i remotes hanno reagito bene e subito, la causa va cercata in una consolidata prassi alla connessione per compiere il proprio lavoro a distanza, livello  sicuramente più consolidato di quanto lo fosse in Italia.

I nostri ragazzi, seppur le difficoltà siano state tante e di natura strutturale, in primis qualità della connessione, potenza dei computer e qualità dei tablet, dalla Scuola dell’Infanzia all’Università, sono stati più veloci e concreti nel passare da una realtà didattico-formativa frontale ad una realtà erogata tramite piattaforma.

I giovani, con il loro entusiasmo, hanno saputo reagire immediatamente dimostrando le loro qualità di resilienza e le loro capacità non solo nell’essere chiamati ma nel saper essere nativi digitali.

Il loro primo gesto, destinato a lasciarci nella mente un po’ di colore alla tristezza dei quei giorni, è stato rappresentato dall’arcobaleno che proprio i più giovani hanno disegnato e veicolato con l’affermazione “andrà tutto bene”.

Oggi l’Italia e gli Italiani, sono chiamati ad una velocissima presa di coscienza in merito alle azioni da praticare per il  futuro.

In tale percorso, la Scuola, da intendere nel senso più ampio possibile, rappresenta il cuore della vera rinascita e il risultato di questa grande trasformazione andrà a sostituirsi proprio alla forza lavoro ed al capitale intellettuale che ha mosso la ricostruzione nei tempi passati.

Per questo motivo, la Scuola, i docenti ed i discenti, rappresentano una validissima ragione per avviare un cambiamento che dovrà essere promosso dal Governo Italiano in sede Europea affinché la spesa corrente per l’istruzione, la formazione e la specializzazione, venga inserita nel Bilancio dello Stato non come spesa ma come investimento ed in tal modo possa essere sottratta da quei vincoli tesi ad essere contenuti per evitare lo sforamento del patto di stabilità.

Una visione moderna della Scuola, incentrata sull’informatica, sulle lingue, sulla comunicazione e sullo sviluppo della capacità di mettere in atto azioni di Problem Solving e di Recovery and resilience facility, tesi ad attenuare gli effetti della pandemia sul contesto sociale ed economico e di rendere le economie dell’Unione Europea più sostenibili, resilienti e preparate nell’affrontare le sfide che dovremo saper cogliere per porre in atto le  necessarie transizioni che vedono al centro dell’agenda Europea il verde ed il digitale.

Per compiere questa straordinaria sfida, il Governo farebbe un grande passo in avanti se chiedesse ai nostri ragazzi ed ai nostri docenti quali innovazioni vorrebbero inserire nella loro quotidianità tanto per studiare quanto per insegnare ed allinearsi non ai bisogni culturali di oggi ma per compiere l’anticipazione di ciò che sarà domani.

In passato abbiamo saputo fare scuola al mondo intero ed oggi quei risultati rappresentano il nostro patrimonio storico-culturale custodito nei Musei ed all’aperto.

Per tornare ad essere una grande potenza mondiale dovremo saper utilizzare nuove regole, nuovi linguaggi e nuovi obiettivi.

Le politiche per il futuro sono riposte tutte nei giovani e nella qualità della Scuola che sapremo dare loro.  

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