Sul Messaggero Luca Ricolfi si occupa di libertà di parola e diritto al dissenso, dopo i recenti casi di intolleranza avvenuti in alcune università italiane, dove collettivi di studenti pro-Palestina hanno impedito ad alcuni giornalisti di parlare in eventi pubblici.
Non è la prima volta che avviene, ricorda Ricolfi, nelle università, nelle librerie, al Salone del libro.
E non è la prima volta che gli “interrotti” parlano di squadrismo, attacco alla libertà di espressione, violenza, intolleranza, e gli “interrompenti” replicano: è la democrazia, bellezza! non potete sopprimere il dissenso e la contestazione.
Di qui un problema importante: qual è il confine?
Fino a che punto contestare un oratore, o più in generale qualcuno che espone le sue idee, è un diritto, e da quando in poi diventa una prevaricazione?
Molti, a queste domande, rispondono: il confine è la violenza, in una società democratica la violenza non è mai accettabile.
Io non sono tanto sicuro che sia una risposta soddisfacente, almeno finché per violenza si intenda solo la violenza in senso stretto, ossia l’aggressione fisica nei confronti di chi parla (o di chi lo sta ascoltando).
In realtà, molto spesso a chi parla viene impedito di parlare semplicemente fischiando, tamburellando, urlando, producendo suoni in modo più o meno tecnologico.
È questo il modo in cui, negli ultimi anni, sono state interrotte e impedite innumerevoli lezioni, conferenze, dibattiti.
Talora fino al punto di costringere i relatori invisi ad andarsene, o ad autolicenziarsi.
Dunque qual è il confine?
Io rispondo con un esempio laterale, ma secondo me illuminante, quello del teatro.
Qual è, a teatro, il confine?
A teatro ci sono due diritti speculari, quello di applaudire e quello di fischiare.
Ma di norma, dentro lo spettacolo, entrambi vengono esercitati per intervalli di tempo brevi, che consentono la prosecuzione: non si applaude così a lungo da impedire allo spettacolo di andare avanti e, per il medesimo identico motivo, non si fischia così a lungo da annullare la performance in corso.