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Nel 2021 il giro d’affari del caporalato è arrivato a 68 miliardi | L’analisi di Cgia

Nel 2021 ha toccato i 68 miliardi di euro il volume d’affari annuo riconducibile al lavoro irregolare presente in Italia. Il 35% circa di questo valore aggiunto prodotto dall’economia sommersa è ascrivibile alle regioni del Sud. Le persone coinvolte nel nostro Paese dall’economia sommersa sono poco meno di 3 milioni e anche in questo caso è il Mezzogiorno la ripartizione geografica del Paese che presenta la percentuale più elevata: ovvero il 37,2% del totale. Tuttavia, il fenomeno ormai è esteso anche al Centronord. Quelli appena richiamati sono alcuni flash emersi da un’analisi condotta dall’Ufficio studi della Cgia.

Dei 68 miliardi di euro, 23,7 miliardi sono imputabili al Mezzogiorno, 17,3 nel Nord-ovest, 14,5 nel Centro e 12,4 nel Nordest. Se misuriamo l’incidenza percentuale di questo ammontare sul valore aggiunto totale regionale, la quota più elevata, pari all’8,3%, interessa la Calabria. Seguono la Campania con il 6,9%, la Sicilia con il 6,6% e la Puglia con il 6,2%. La media nazionale è del 4,2%. Dei 2.848.100 occupati non regolari stimati in Italia dall’Istat, 1.061.900 sono ubicati nel Mezzogiorno, 691.300 nel Nordovest, 630.000 nel Centro e 464.900 nel Nordest.

Se calcoliamo il tasso di irregolarità, dato dal rapporto tra il numero degli irregolari e il totale occupati per regione, la presenza più significativa si registra sempre nel Sud e, in particolare, in Calabria con il 19,6%. Seguono la Campania con il 16,5% e la Sicilia con il 16%. Il dato medio Italia è dell’11,3%.

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