Il Piano strutturale di bilancio “non lascia indietro nessuno”. “Mette al centro il lavoro”.
E si concentra sui pilastri delle pensioni e della sanità.
Ma visto che la sostenibilità del welfare dipende dalla demografia, rafforza anche le politiche per la famiglia.
Il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti traccia attraverso il nuovo documento di finanza pubblica da inviare all’Europa la silhouette della prossima manovra. Che contribuirà a dare una spinta al Pil 2025 di 0,3 punti, circa 6 miliardi.
Il piatto forte del menu sono il taglio del cuneo e l’Irpef a tre aliquote strutturali: il resto dipende dalle risorse in arrivo dalla lotta all’evasione e dal concordato.
“La situazione economica, occupazionale e di finanza pubblica dell’Italia è in miglioramento”, malgrado “la caduta dei livelli produttivi dell’industria” e il “preoccupante allargamento” dei conflitti, afferma Giorgetti nella prefazione. Ma avverte anche che per affrontare le sfide del Paese serviranno “ingenti risorse negli anni a venire”.
Il Psb fissa un Pil sopra l’1% per tre anni, fino al 2026; nei successivi tre sarà sotto quella soglia.
Per il 2024 si stima un +1%, che salirà al +1,2% nel 2025 (con 0,3 punti di scarto rispetto allo 0,9% stimato a legislazione vigente, cioè al netto delle misure di politica economica che verranno attuate).
Per il 2026 è previsto un +1,1%. L’Ufficio parlamentare di bilancio, che ha validato le stime tendenziali del Psb, solleva qualche dubbio proprio sul 2026: il profilo di crescita “è prossimo alle proiezioni dell’Upb, salvo che nel 2026, quando risulta più sostenuto per due decimi di punto percentuale”.
Osservato speciale resta l’elevato stock del debito. È “la sfida più grande”, dice Giorgetti, che rivendica la linea della cautela: “il sentiero di politica fiscale che il Piano propone è realistico, credibile e prudente”.
Il debito è stimato in crescita progressiva fino al 2026 (al 137,8% del Pil): la discesa, frenata dall’effetto del Superbonus, inizierà solo dal 2027. Contribuiranno alla riduzione, precisa il ministro, privatizzazioni e i proventi legati ai crediti sulle riduzioni delle emissioni ambientali.
Il Piano prevede anche un miglioramento del deficit: scenderà sotto il 3% nel 2026 (al 2,8%), fino ad arrivare sotto il 2% (all’1,8%) nel 2029.
Il Psb, inviato nella notte da Palazzo Chigi alle Camere, è un documento molto più corposo della vecchia Nadef: nelle 217 pagine, suddivise in tre capitoli, l’arco temporale di previsione si allarga a cinque anni (anziché tre), e compare una vasta sezione dedicata alle riforme e agli investimenti (richiesti per estendere il periodo di aggiustamento da 4 a 7 anni).
Ci sono la piena attuazione degli impegni assunti con il Pnrr e poi una serie di riforme che vanno dal fisco alla giustizia: un insieme di azioni che, si stima, “potrebbero condurre ad un aumento del Pil del 3,8% entro il 2031”.
Dal Piano inizia a prendere forma anche la prossima manovra. Che avrà 33 collegati, dalle pensioni alle famiglie numerose, dal lavoro alla povertà, fino all’ippica e alla caccia.
La legge di bilancio confermerà, rendendoli strutturali, il taglio del cuneo e l’accorpamento delle aliquote Irpef su tre scaglioni.
Sarà poi sarà salvaguardato il livello della spesa sanitaria, arriveranno le risorse necessarie al rinnovo dei contratti pubblici, al finanziamento di misure per la natalità (assegno unico, congedi, bonus mamme lavoratrici e asili nido) e al rifinanziamento delle missioni di pace.
Sul piano fiscale la linea è di potenziare la tax compliance a costi ridotti. Mentre prosegue il dialogo con le banche in vista di un possibile contributo volontario.
“Discutendo come facciamo con tutti discutiamo anche col settore bancario, ma non solo, su come potranno concorrere allo sforzo collettivo che tutti quanti siamo chiamati a fare”, spiega Giorgetti parlando ad incontro alla Banca Popolare di Sondrio.
L’idea è coinvolgere chi “in qualche modo in questo momento registra performance”: che, chiarisce, non significa “tassare gli extraprofitti ma tassare giustamente i profitti”.