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Maddalena da Lisca, Sovrintendente Bologna Festival: “La musica classica deve aprirsi ai giovani e insegnare loro l’ascolto e la passione” | L’intervista di Nietta Scala

L’Associazione Bologna Festival si è distinta nel tempo per il rigore culturale della sua programmazione, ospitando artisti del grande concertismo internazionale e disegnando programmi e cicli concertistici spesso in esclusiva.

L’attività dell’Associazione si rivolge anche al pubblico dei più giovani, con due specifici progetti che ogni anno coinvolgono un pubblico di circa 12.000 ragazzi: “Baby BoFè”, rassegna di musica classica per bambini e “Note sul registro”, progetto di formazione all’ascolto della musica classica per le scuole primarie e secondarie.

Nel dicembre 2019 il consiglio direttivo ha nominato Maddalena da Lisca Sovrintendente di Bologna Festival, affidandole le responsabilità sia amministrative che artistiche.

Siamo andati a sentirla per voi.

Dr.ssa da Lisca, grazie per la sua disponibilità. Non è scontato incontrare una manager donna, una persona che come lei è riuscita a superare la differenza di genere che ancora caratterizza il mondo del lavoro in Italia. Che percorso professionale è stato il suo?

In realtà non posso dire di aver incontrato particolari difficoltà di genere e credo che il settore dello spettacolo, a livello di vertici manageriali, sia meno penalizzato di altri da questo punto di vista.

Gli ostacoli incontrati sono stati piuttosto quelli di lobby politiche e culturali che, in senso lato, condizionano le carriere all’interno del sistema spettacolo del nostro paese.

Il mio percorso professionale nasce dall’amore per la musica classica che mi ha portato alla laurea in Lettere con indirizzo in Storia della Musica a cui è seguito un Master sull’amministrazione dello spettacolo musicale.

Poi, subito dopo gli stage che mi hanno messo in contatto con il mondo professionale dello spettacolo, un incarico come assistente del direttore artistico di un grande festival di cultura italiana a Buenos Aires promosso dal Ministero degli Esteri.

A questo sono seguiti, in ruoli via via di maggior responsabilità, nei festival di New York, Sydney, Montreal, dove ho incontrato personaggi centrali della cultura e dello spettacolo di allora come V. Gassman, G. Strehler, P. Daverio, G. Sinopoli, Hugo Pratt, K. Ricciarelli, un’esperienza molto impegnativa ma esaltante.

Dopo sei anni da giramondo, il matrimonio a Bologna mi ha fatto mettere radici in una città molto stimolante dal punto di vista culturale dove brillava sulla musica un’eccellenza come Bologna Festival con cui ho iniziato felicemente a collaborare poco dopo che sono venuta a vivere qui.

Dal 2019 lei è il sovrintendente di Bologna Festival, una delle maggiori società concertistiche italiane e le è stata affidata anche la responsabilità artistica del Festival. Come vive questo ruolo in una città, Bologna, prima in Italia ad essere stata nominata da Unesco Città della Musica?

Con grande impegno, consapevole che chi governa le istituzioni musicali ha il compito sia di connotare culturalmente il proprio territorio ma anche di trasmettere alle nuove generazioni quest’arte tanto delicata quanto difficile e costosa da poter fruire.

Il peso maggiore è quindi quello della responsabilità rispetto al nostro pubblico, ma soprattutto rispetto a quello potenziale che ancora non c’è, senza dimenticare anche la responsabilità nei confronti dei donors che ci offrono il loro sostegno.

Lei è stata da sempre attratta dal backstage, da quello che c’è dietro allo spettacolo, dietro alle mani che suonano in maniera celestiale. Cosa la incuriosisce esattamente?

Appena saliti sul palcoscenico, gli artisti si rivestono di una dimensione astratta andandosi identificare in un tutt’uno con la musica che, per esistere, non può fare a meno di loro.

In palcoscenico gli esecutori si spogliano di loro stessi per diventare “musica” e così comincia l’incanto.

Ma dietro a questa magia, c’è in azione una macchina molto complessa e tutt’altro che “astratta”, fatta di mille adempimenti, senza i quali nulla potrebbe accadere di quello che si vede in scena.

Ecco, far funzionare questa macchina significa in un certo senso dare la fiamma per accendere la magia, questo è l’aspetto che mi ha sempre attratta.

La maggior parte dei suoi collaboratori è costituita da donne. È casuale o si tratta di una scelta voluta?

Ho trovato nelle donne una “voglia di fare” e di realizzarsi più genuina e appassionata che negli uomini.

Mi sento anche più incline ad una certa solidarietà e comprensione nei confronti del mio stesso genere, tra donne ci si capisce meglio.

Devo dire però che recentemente è entrato in squadra un elemento maschile, l’unico dello staff, che si sta facendo valere, con bravura e disponibilità e tutto la squadra femminile lo apprezza molto.

Qual è il ruolo delle società liriche e di concerti nella crescita della cultura musicale?

È un ruolo fondamentale.

La scuola è pressoché assente e le famiglie oggi non hanno ahimè basi culturali per poter trasmettere la conoscenza, da qui l’amore, per la musica classica.

È quindi quasi tutto sulle nostre spalle e una buona parte della nostra attività è doveroso che venga rivolta ai giovani e ai piccoli, per dare opportunità di avvicinamento all’ascolto che altrimenti non potrebbero avere.

Se non facciamo questo, nel giro di una o due generazioni le società di concerto, che già soffrono da anni di un lento calo endemico del pubblico, non avranno più motivo di esistere, con un depauperamento culturale allarmante.

Bologna Festival è una vetrina molto importante per i giovani talenti. Sente la responsabilità di “scovare” e selezionare giovani promesse?

Sono così tanti i giovani di valore che hanno bisogno di un palcoscenico per esprimersi che il lavoro che facciamo per loro è una goccia nel mare.

Ma anche questa goccia va versata e la selezione è dettata, a parte l’eccellenza esecutiva sulla quale non si prescinde, da molti diversi fattori, come il repertorio, la posizione della loro giovane carriera, la geografia delle loro apparizioni in pubblico etc.

Nell’ambito di Bologna Festival c’è una sezione dedicata ai bambini, Baby- BoFè. I piccoli imparano il linguaggio musicale, imparano a decifrare i messaggi che attraversano la musica. E gli adulti? Quelli che non hanno avuto la fortuna di approcciare alla musica in età giovanile, a loro viene data la possibilità di comprendere la musica lirica classica? In che modo?

Abbiamo progetti formativi e di approfondimento anche per gli adulti ma il pubblico che li segue non è così numeroso rispetto a quello che viene in sala da concerto.

Gli adulti che sono attratti dalle proposte formative di musica classica in realtà sono già appassionati o interessati e hanno solo piacere di approfondire ulteriormente le loro conoscenze.

Avete sempre programmazioni di altissimo livello, dalla musica più sofisticata a spettacoli di grande impatto. Siete una Onlus, i vostri sostenitori sono soltanto benefattori appassionati di musica? Pensa che dovrebbe esserci un apporto maggiore di contributi statali?

I nostri sostenitori hanno estrazioni e motivazioni assai diverse.

Ci sono alcuni davvero molto sensibili culturalmente, per fortuna la maggior parte, ma anche altri che vedono un’opportunità di visibilità aziendale o talvolta, perché no, anche sociale.

Per noi sono tutti benvenuti e cerchiamo di assecondare le aspettative che hanno riposto su di noi perché ci rendiamo conto dello sforzo economico che fanno a nostro favore e perché abbiamo molto bisogno di loro.

I contributi statali che il nostro paese stanzia per lo spettacolo dal vivo sono per lo più assorbiti dalle fondazioni liriche mentre al resto del sistema musicale rimangono esigue risorse ma dal 2020 è attiva la fenomenale agevolazione fiscale dell’Art Bonus con la quale i donatori possono usufruire di un credito d’imposta del 65% di quanto elargito.

Questa misura debbo dire che sopperisce le carenze dei contributi pubblici facilitando gli interventi privati.

Se pensa al futuro, pensa anche a nuove sfide? Quali?

Stiamo portando la programmazione del Bologna Festival alle vette del panorama concertistico internazionale e le nuove sfide non sono più su una maggior valorizzazione della proposta artistica.

Piuttosto mi stimolano sfide più istituzionali, soprattutto sulle azioni per la creazione di un pubblico nuovo, ampio e giovane, e spero di poter rafforzare il mio impegno di rappresentanza sulla nostra categoria, dove sono attiva da molti anni ma alla quale ultimamente non ho dedicato il tempo che avrei voluto.

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