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[Lo scenario] L’Italia non deve aumentare il suo debito pubblico. Può mettere in vendita i suoi beni

L’economia italiana torna a preoccupare, con una crescita nuovamente bloccata, l’inflazione in crescita e il possibile nuovo allarme del debito con la fine degli acquisti della Bce. Il quadro diventa più chiaro, le responsabilità un po’ meno. A partire da quella dei banchieri centrali. Ne è convinto Lorenzo Bini Smaghi, presidente di Societe Generale ma anche membro del board della Bce fino al 2011.

Pnrr fondamentale per scampare alla recessione

«La situazione italiana non è molto differente dal resto d’Europa» ha spiegato «ma è anche vero che senza i fondi del Pnrr e le riforme il rischio di avvitamento del sistema non soltanto è concreto ma potrebbe essere dietro l’angolo. Attenzione ad evitare, in questa fase, gli scostamenti di bilancio. Sono soltanto altro debito».

«La situazione è simile nel breve periodo a quella degli altri Paesi. Siamo intorno allo zero. Se non siamo ancora in recessione siamo comunque in presenza di un’economia che non cresce. Quello che è importante sono le prospettive di crescita nel medio periodo. Il Pnrr diventa fondamentale, a condizione che si utilizzino i fondi insieme alle riforme, per migliorare la capacità di crescita oppure il debito ridiventa un fattore di freno».

Ridurre il debito

«Un debito che non si riduce aumenta il timore di chi deve comprare titoli pubblici e di conseguenza richiede rendimenti più elevati per compensare l’aumento del rischio. Più alti sono i rendimenti, più alti sono i tassi di interesse che i contribuenti devono pagare. Il rischio è l’avvitamento del sistema economico. Bisogna puntare sulle riforme che vanno messe in campo, votate in Parlamento e realizzate. Non basta prendere i fondi del Pnrr. Soltanto così l’economia italiana può assorbire il fardello del debito. Non esiste altra via».

«Lo Stato è indebitato ma ha anche tanti beni. Una soluzione fattibile sarebbe vendere gli immobili di proprietà dello Stato per ridurre il debito. Se ne parla da tanti anni anche se nella pratica è più complesso. Molti beni (ndr caserme e carceri) vanno valorizzati e non sono sempre pregiati. Per valorizzarli bisogna avere una legislazione diversa in tema di permessi ambientali, di capacità di ristrutturare, di tempi di realizzazione».

La sfiducia dei cittadini

«La quantità di depositi che cresce rispetto agli investimenti in titoli pubblici è il riflesso della preoccupazione di molti cittadini italiani ad investire in titoli di Stato, in assenza di segnali chiari da parte delle forze politiche. Se si segue il dibattito politico di questi ultimi mesi, la parola più utilizzata è scostamento di bilancio. Scostamento di bilancio è un modo diverso di dire più debito. Bisogna riconquistare la fiducia dei cittadini con politiche serie, affermazioni serie e soprattutto impegni seri. Cosa che il governo sta facendo, ma spesso è smentito dalle forze politiche che l’appoggiano».

«Prima delle elezioni, la tendenza è chiedere nuovi scostamenti, quindi più debito. Io confido molto nel governo, in questo governo, che saprà resistere alle pressioni e arriverà alle elezioni del 2023 senza sforamenti e senza “sbracare”. Tutti ricordiamo il 2011 con gli aumenti dei tassi di interesse, gli aumenti dello spread, e le paure generalizzate. Non vogliamo rivivere quel periodo».

Prezzi e tensioni internazionali

«L’aumento dei prezzi delle materie prime del gas e il petrolio non sono legati alle sanzioni, sono legati alla guerra. Se guardiamo il prezzo del gas o del petrolio, sono abbastanza simili a quelli dei primi giorni della guerra. Sono le tensioni internazionali che fanno crescere i prezzi delle materie prime. Le sanzioni sono un’altra cosa sono delle limitazioni imposte alla Russia su quello che possono comprare o vendere. Tra l’altro la Russia rappresenta l’1% o il 2% dell’export italiano. I dati si vedono: le importazioni russe sono calate del 40% ad aprile. Il Pil è previsto ridursi tra il dieci e il 15%. L’inflazione è intorno al 20%. Le sanzioni fanno male alla Russia. La guerra fa male a tutti e fa male anche all’Italia, naturalmente. Ma non è pensabile che togliendo le sanzioni noi staremmo meglio. Un po’ una sciocchezza, francamente».   

«Hanno sbagliato tutti, anche le istituzioni internazionali, il Fondo monetario, la Commissione europea, l’Istat. Nessuno aveva previsto la guerra, nessuno aveva previsto una fiammata di prezzi di questo tipo. La mancanza di chiarezza tra embargo, sanzioni, rialzo prezzi materie prime ha alimentato ulteriormente la speculazione. I prezzi di questi giorni sul petrolio sono anticipatori di un atteggiamento che avranno alcuni operatori di aumentare le scorte, e l’aspettativa di questo aumento impatta sui prezzi. Rimane il fatto che l’economia rallenterà e prima o poi l’effetto sarà contenere i prezzi. L’inflazione scenderà. Forse più tardi rispetto a quanto ci si aspettava rispetto a qualche mese fa». 

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