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[Lo scenario] La paurosa rincorsa dei tassi e il rischio Argentina

Bisogna evitare una rincorsa al rialzo. Nonostante i rialzi effettuati dalla Bce, i tassi di interesse nell’area euro sono ancora molto bassi. Per riportare l’inflazione verso l’obiettivo del 2% non si può solo agire in questa direzione, o si rischia di diventare come l’Argentina o la Turchia. Questo è quanto sottolineato dal presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, durante un seminario con la stampa.

«Concordo con il governatore Visco sul fatto che le azioni di politica monetaria non sono le uniche per combattere l’inflazione», ha affermato Patuelli, spiegando che, «se si pensasse questo, noi rincorreremo questa battaglia molto più a lungo. Ci vogliono politiche industriali, fiscali e di bilancio». Patuelli è convinto che non ci debba essere «una rincorsa a livelli troppo alti dei tassi. Quelli che muovono solo i tassi e non fanno riforme strutturali finiscono come l’Argentina e la Turchia». In Europa, ha messo in evidenza, «la crisi principale è quella energetica. Bisogna risolvere questo problema».

«Sono completamente d’accordo con quanto sostiene il governatore Visco» relativamente alla necessità di «una politica monetaria che non segua con automatismo quella americana, che non abbia dei meccanismi preconcetti, ma che valuti le condizioni che possono essere man mano affioranti. Questo mi sembra l’approccio più saggio, più equilibrato».

Il rialzo dei tassi «non è una festa» per le banche. «Tutti i dati dimostrano che le banche si sono rafforzate patrimonialmente negli ultimi anni, ma se guardo gli andamenti dei bilanci vedo però gli effetti nefasti sui patrimoni delle banche della crescita dei tassi», ha continuato Patuelli spiegando che gli aumenti dei tassi «sono dei missili a testata multipla. Favoriscono l’aumento dei ricavi sull’immediato delle banche ma non è una festa perché questo non è l’unico effetto: appesantiscono i costi per i clienti che non abbiano compiuto scelte di prestiti di mutui a tasso fisso e aumentano i costi di raccolta delle banche».

Un’altra mina sulle banche è la modifica retroattiva delle condizionalità delle Tltro. La manovra di stretta monetaria della Bce «è stata completa perché non si è limitata solo ai tassi, ma anche alla Tltro. Questo ha sorpreso non solo le banche italiane ma quelle europee. Ci sono state critiche anche dalle banche tedesche», ha proseguito il numero uno dell’Abi ricordando che le «Tltro erano contratti per adesione. Chi le sottoscriveva le riceveva con determinate condizionalità. Cambiare le condizionalità in corso d’opera con effetti retroattivi fa nascere una serie di problemi perché le banche in futuro avranno maggiore cautela».

Poiché questa decisione è stata una «sorpresa», l’apertura della finestra di restituzione anticipata «è molto probabile» che in Europa venga accolta «soprattutto dalle banche che hanno già raggiunto le condizioni relative agli impieghi». Per potere ottenere le Tltro, ha ricordato Patuelli, era necessario aumentare i prestiti. Le banche italiane «combatteranno per evitare il credit crunch». Ma ci saranno comunque delle conseguenze, per esempio sulla quantità dei titoli di Stato presenti nei portafogli delle banche. «Non meravigliamoci se non saranno più ai massimi di quello che abbiamo visto negli ultimi anni. Sarà una conseguenza delle scelte della Bce».

Il problema «non è certamente ritirare anzitempo i prestiti ai clienti. Il mondo bancario non pensa a misure di questo genere. Ma quando si arriverà alla scadenza dei portafogli, quella liquidità invece di essere investita in nuovi titoli di Stato verrà restituita. Quindi non meravigliamoci se la quantità totale dei titoli di Stato che verranno sottoscritti dalle banche prossimamente non sarà più il massimo che abbiamo visto negli ultimi mesi, negli ultimi anni. Non è la scelta che avremmo desiderato. Rimane il fatto che è un debito unilaterale di cui la Bce si è arrogata il diritto di cambiare le regole in corso d’opera senza seguire le metodologie dei cambiamenti unilaterali dei contratti che invece le banche devono rispettare».

Quanto all’attività di vigilanza della Banca centrale, Patuelli ha sottolineato che sarebbe “prudenziale” per la Bce non inviare i propri rappresentanti a presenziare ai consigli di amministrazione delle banche vigilate. Patuelli ha ricordato che la storia bancaria italiana insegna come i rappresentanti delle istituzioni che usavano partecipare ai cda di istituti agrari o di medio credito «non furono in grado di impedire i limiti delle loro gestioni. Uno dei principi fondamentali del diritto è che non impedire un evento è uguale a cagionarlo. Di conseguenza, chi della vigilanza Bce fosse in cda che ponessero in essere provvedimenti non consoni e non combattuti in tempo reale con ogni energia, e segnalati da rappresentanti Bce, renderebbe qualche problema alla Bce medesima».

Quanto ai contrasti tra Bce e banche vigilate portati alla luce dalla lettera inviata dal presidente di Societé Generale ed ex membro del consiglio esecutivo Bce, Lorenzo Bini Smaghi, in cui lamenta un’eccessiva interferenza del regolatore nell’operatività quotidiana, Patuelli ha riconosciuto che il dialogo con il presidente del Consiglio di Vigilanza Bce, Andrea Enria è «meno complesso. Rimane il fatto che oggi alcuni banchieri dicono pubblicamente quello che prima dicevano privatamente, c’è solo un’esplicitazione non ci sono argomentazioni in più».

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