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[Lo scenario] Ecco perché i tassi di interesse continueranno a salire. Ma la Bce è divisa

“L’invasione russa dell’Ucraina e la conseguente crisi energetica globale hanno aumentato le gia’ elevate pressioni inflazionistiche, che hanno continuato a crescere per tutto il 2022. Di conseguenza, l’attivita’ economica e’ rallentata al punto che non possiamo escludere una recessione tecnica a fine anno. In effetti, l’economia dell’area dell’euro e’ cresciuta dello 0,2% nel terzo trimestre di quest’anno, in netto rallentamento rispetto al secondo trimestre”. 

Lo ha affermato Luis de Guindos, vice presidente della BCE, durante la 25* edizione della settimana finanziaria di Francoforte. 

“Allo stesso tempo, l’inflazione rimane troppo alta, essendo salita al 10,7% in ottobre. Dall’inizio dell’Unione monetaria non abbiamo mai assistito a un cambiamento cosi’ rapido del contesto inflazionistico. L’aumento dell’inflazione di fondo, ora al 5%, e’ stato determinato da entrambe le sue componenti principali: l’inflazione dei servizi e dei beni industriali non energetici”. 

“Il persistere di un’inflazione elevata potrebbe indurre aumenti salariali superiori al previsto o un aumento delle aspettative di inflazione al di sopra del nostro obiettivo. Per favorire un tempestivo ritorno dell’inflazione al 2%”, ha spiegato il vicepresidente della BCE, “la nostra politica monetaria mira a ridurre il sostegno alla domanda e a garantire che le aspettative di inflazione rimangano ancorate al nostro obiettivo di medio termine. Di conseguenza, abbiamo deciso di alzare i tre tassi di interesse chiave della BCE di 75 punti base in ottobre – il terzo rialzo dei tassi importante di fila – e prevediamo di aumentarli ancora”. 

“Abbiamo inoltre modificato i termini e le condizioni della terza serie di operazioni mirate di rifinanziamento a lungo termine”, ha puntualizzato. 

“Ma ora il contesto e’ completamente cambiato e dobbiamo fare in modo che il minor costo dei finanziamenti Tltro non ostacoli la trasmissione monetaria quando la politica deve essere normalizzata”. 

“Grazie ai progressi normativi e all’uso attivo delle politiche prudenziali dopo la crisi finanziaria globale, il settore bancario e’ in una buona posizione per resistere agli shock economici. Per aumentare la resilienza nel medio termine, l’attenzione dovrebbe rimanere concentrata sul miglioramento dell’efficacia dello strumentario macroprudenziale e sull’attuazione fedele di Basilea III. Nel settore finanziario non bancario, e’ imperativo ridurre le vulnerabilita’ derivanti dal disallineamento della liquidita’, allineando meglio i termini di rimborso alla liquidita’ delle attivita’”. 

La nostra politica monetaria deve quindi rimanere concentrata sulla riduzione del sostegno alla domanda e sulla prevenzione del rischio di effetti di secondo impatto. Nell’attuale situazione di incertezza, le future decisioni sui tassi di policy continueranno a dipendere dai dati e saranno prese di volta in volta. Le decisioni di policy che prenderemo nella prossima riunione si baseranno su vari elementi, tra cui le proiezioni macroeconomiche di dicembre”.

Su posizione evidentemente diversa è Fabio Panetta, membro del comitato esecutivo della Bce. 

Un inasprimento eccessivo non è consigliabile”: la politica monetaria deve “adeguarsi ma non reagire in modo eccessivo”. 

Panetta è cauto e frena sulla corsa al rialzo dei tassi di interesse, mettendo in guardia sulla possibilità che una stretta eccessiva possa lasciare ferite difficili da guarire. 

La politica restrittiva di Eurolandia “sottrarrà in media più di un punto percentuale alla crescita annua del Pil reale fino al 2024”, avverte Panetta spiegando che se l’aumento dei tassi dovesse comprimere la domanda “in modo eccessivo e persistente” il rischio è quello “di spingere anche il prodotto stabilmente al di sotto del trend”. 

Questo sarebbe difficile da correggere, mette in evidenza. Alla cautela di Panetta fa eco la vicepresidente della Fed. Pur ribadendo che resta ancora da fare in termini di aumenti dei tassi, è “probabile che a breve sarà appropriato rallentare la velocità dei rialzi”, dice Lael Brainad spianando la strada a una possibile stretta dello 0,50% nella riunione di dicembre della banca centrale americana. 

La Fed ha già alzato i tassi sei volte dall’inizio dell’anno, di cui quattro con maxi rialzi dello 0,75%. E i primi effetti sull’inflazione iniziano a vedersi: i prezzi in ottobre sono saliti del 7,7%, il livello più basso da gennaio, concedendo alla banca centrale la possibilità di rallentare la velocità degli aumenti. Secondo il Fondo Monetario, la BCE e la Fed devono continuare la loro battaglia al caro prezzi perché l’inflazione è la priorità, così come la gestione del debito. La lotta al caro-vita – afferma il Fmi nel rapporto preparato per il G20 – deve andare avanti nonostante un ulteriore indebolimento dell’economia dovuto al materializzarsi di rischi al ribasso. A molte delle economie del G20, inclusa l’Italia, il Fondo suggerisce piani più ambiziosi di riduzione del debito. 

“La combinazione di una politica di bilancio più rigorosa e di riforme strutturali servirebbe a ridurre materialmente il peso del debito pubblico nel medio termine”, indica il Fondo. Dipingendo un quadro economico più cupo rispetto solo a un mese fa e parlando di sfide “immense” per l’economia globale, il Fmi esorta il G20 a un’azione congiunta che consenta al mondo di muoversi “verso una crescita più forte e inclusiva”. 

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