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L’inspiegabile carenza di manodopera in presenza di livelli alti di disoccupazione | L’analisi

“Un po’ in tutt’Italia le imprese lamentano una crescente carenza di manodopera” e “per quanto paradossale, il fenomeno ormai convive con livelli ancora elevati di disoccupazione, soprattutto giovanile”.

Ne parla sul Corriere della Sera Antonio Polito, secondo il quale “ci sono numerosi fattori sociali dietro questa specie di ‘sciopero del lavoro’, tra cui il mismatch tra esigenze delle imprese e competenze acquisite a scuola, ma poiché il fenomeno riguarda ogni tipo di lavoro, non solo quelli qualificati, bisogna prendere atto che ha radici più profonde. È probabilmente in corso una vera e propria rivoluzione culturale intorno al «valore-lavoro».

Molti l’attribuiscono all’importanza che oggi i giovani danno alla qualità della vita: sono sempre meno disposti a sacrificarla sull’altare del lavoro. È una tesi che implicitamente accusa i nostri figli di non aver abbastanza voglia di lavorare.

Ma il rilievo che ha assunto l’aspirazione individuale a realizzarsi, la voglia dei ragazzi di perseguire un progetto di vita soddisfacente e piena, funziona anche nell’altro senso: li spinge cioè a dare invece una grande importanza al lavoro che faranno, alla sua dignità e remunerazione, a non arrendersi a ricatti e precarietà, bassi salari e orari lunghi, dequalificazione o addirittura abusi.

E questo è un bene: la qualità del lavoro è oggi considerata parte integrante della qualità della vita. È dunque giunto il momento di provare a rendere il lavoro più attraente.

Innanzitutto, dal punto di vista del salario: lo Stato deve ridurre la tassazione a carico del lavoro, per mettere più soldi nelle buste paga.

Ma serve un cambiamento anche da parte delle imprese: per accrescere la parte creativa, le opportunità di partecipazione, la flessibilità oraria e il livello di autonomia nei lavori che esse offrono ai giovani. La tecnologia spesso lo consente. Le vecchie abitudini spesso lo impediscono”.

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