Dopo 15 mesi di crescita ininterrotta, le immatricolazioni di vetture hanno segnato la prima flessione.
Analizzando il dato di maggio (12,3%) emerge soprattutto il rallentamento della transizione verso l’auto verde.
L’attesa prolungata degli incentivi ha frenato gli acquisti delle elettriche (- 18,3%) e l’ulteriore conferma è arrivata dall’esaurimento degli stessi nel giro di poche ore, non appena resi disponibili.
Il dato confortante è proprio la richiesta da parte del pubblico, che ha invertito la tendenza: per lungo tempo i consumatori italiani hanno sfruttato i fondi utilizzabili per le auto a benzina e diesel di ultima generazione, lasciando in gran parte inutilizzati quelli a disposizione delle auto alla spina.
Il dato negativo è il sostegno indispensabile degli aiuti statali per favorirne l’acquisto.
Senza incentivi, si legge su L’Economia del Corriere della Sera, la quota di auto a batteria langue, specialmente in Italia dove è ferma al 2,8 % (primi cinque mesi dell’anno).
Nel resto d’Europa va meglio, la percentuale raggiunge nell’insieme il 12%, ma di questo passo l’obiettivo di dimezzare le emissioni di CO2 entro il 2030 resta, obiettivamente, un miraggio.
Sulle cause si discute da tempo: i maggiori indiziati sono le infrastrutture insufficienti, i prezzi d’acquisto ancora alti e i costi dell’energia in aumento.
Di recente lo ha ribadito un’accurata analisi dell’Acea, l’associazione che raggruppa i costruttori europei.
I quali, viene evidenziato, si sono impegnati a investire 250 miliardi di euro entro il 2030, sul fronte dell’elettrificazione.
Una cifra superiore alla somma dei bilanci statali di diversi Paesi.
Ma la rivoluzione del trasporto è un processo complesso che riguarda l’intero sistema, le abitudini dei singoli Paesi e dei loro cittadini che devono vedere una reale convenienza in questa trasformazione.
Non tutti i membri dell’Unione corrono alla stessa velocità verso la scadenza del 2030.
Prendendo in esame l’accesso alle reti di ricarica, l’Acea ha calcolato un fabbisogno di 8,8 milioni di colonnine da realizzare entro il 2030; il ritmo attuale di crescita è però insufficiente, in previsione dovrebbero esserne installate 1,2 milioni ogni anno, una velocità otto volte superiore a quella di oggi (150 mila all’anno).
E non tutti fanno i compiti come sarebbe auspicabile.
I due terzi delle ricariche sono concentrati in tre Paesi che insieme coprono il 20% della superficie dell’Unione: Olanda, Germania e Francia.
Il restante terzo è distribuito nei 24 stati rimanenti.
E fin qui abbiamo considerato il trasporto privato, allargando il campo al trasporto dei beni su gomma il quadro è drammatico perché i camion non dispongono di una rete dedicata.
Sul piano dei benefici, il quadro è frammentato.
Quasi tutte le nazioni prevedono forme d’incentivi, chi sull’Iva, chi sulle spese di trascrizione, chi sulle tasse di proprietà, chi sulla carbon tax (laddove esiste), chi sotto forma di aiuti all’acquisto.
Sei Stati non prevedono alcun incentivo sull’acquisto, soltanto 17 li contemplano anche per le auto delle società (l’Italia li ha appena varati), cinque in tutto quelli che li offrono per costruire ricariche.
Un mosaico complesso che contribuisce a spiegare il diverso grado di penetrazione delle auto elettriche (i ritardi maggiori si registrano nei Paesi dell’est e del Sud).
Sui listini delle case automobilistiche, mediamente alti per i modelli alla spina, influiscono negativamente anche i costi delle batterie, delle materie prime indispensabili a realizzarle, fattori che favoriscono l’offensiva dei produttori cinesi.
Di conseguenza, per tutti gli aspetti considerati, la domanda stenta e non permette di raggiungere i volumi necessari ai costruttori per abbassare i prezzi.
Indicativo il recente annuncio di Stellantis che ha congelato la realizzazione della giga factory di Termoli e di Kaiserslautern in Germania.
Ufficialmente per il rallentamento della domanda.
Al sistema auto forse servirebbe più cooperazione, insieme alla politica che ne indirizza gli obiettivi.
Resta molto da fare, ancora, anche per quanto riguarda i costi d’utilizzo, da quello dei parcheggi a quello delle ricariche e alla facilità d’accedervi.
L’Europa è chiamata a uno sforzo maggiore.