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Le alleanze (utili) in Europa | L’analisi di Francesco Giavazzi

Per ridare smalto all’Unione Europea, oggi sempre più affaticata e lenta nelle scelte, Francesco Giavazzi, sul Corriere della Sera, suggerisce di ricorrere alle «Cooperazioni rafforzate», opzione prevista dai trattati, cominciando a forgiare alleanze limitate ad alcuni Paesi, per poi possibilmente estenderle ad altri.

Ma questo – osserva – richiede leadership e visione, qualità purtroppo scarse oggi in Europa.

Se Giorgia Meloni fosse capace di attivare tali alleanze, il nostro peso nell’Ue aumenterebbe, e con esso la nostra capacità di influire sulle scelte comuni.

Invece ci accontentiamo di trarre beneficio dal fatto che la presidente del Consiglio italiana pare essere l’unica che dialoga con Orbán.

Un governo si misura anche dal ritardo nel comprendere i cambiamenti in atto, il che comporta inevitabilmente un ritardo nell’affrontarli.

Ad esempio dal capire troppo tardi che anziché sgravare un’azienda di parte dei contributi da versare quando assume un nuovo operaio specializzato — che comunque non si trova perché scuole che gli insegnino quella particolare specializzazione non esistono — sarebbe meglio stanziare una somma equivalente per formare un giovane ancora fuori dal mercato del lavoro.

Considerate i progetti di transizione verde nel settore automobilistico: richiederanno la riqualificazione di milioni di lavoratori in tutti i Paesi europei, che dovranno essere addestrati per imparare nuovi mestieri.

Potrebbe essere questa una proposta italiana di cooperazione rafforzata.

Ma se non siamo capaci neppure di far funzionare i nostri 550 Centri per l’impiego (con la sola eccezione di quello di Milano che è un raro gioiello) figuriamoci se possiamo aspirare ad essere un modello per l’Europa.

L’unica proposta che sinora siamo stati in grado di fare è il «progetto Albania» nell’illusione che qualcun altro in Europa ci segua: finora non è accaduto.

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