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[L’analisi] Lo spread ci costerà 6 miliardi in più in 12 mesi. Ecco tutti i rischi del mercato

Secondo la stima presentata dalla società di ricerca finanziaria indipendente, Mazziero Research, lo spread tra Btp e Bund tedeschi a quota 200 punti base, con un rendimento del decennale sopra il 3%, riflette la percezione dei mercati di «un maggior rischio» nei confronti dell’Italia. Inoltre, potrebbe arrivare a costare alle casse pubbliche 5-6 miliardi in più nei prossimi 12 mesi in termini di maggiore spesa per interessi.

L’impatto della Bce

«Ogni punto percentuale in più dal punto di vista dei rendimenti incide all’incirca tra i 3 e i 3,5 miliardi l’anno di maggiore spesa per interessi» spiega in un colloquio con l’Agi Maurizio Mazziero, fondatore della Mazziero Research. «Se consideriamo che da un anno a questa parte il rendimento del Btp decennale non è aumentato dell’1%, ma di oltre due punti percentuali, il rischio è che si possa arrivare a una spesa, tra i 5 e i 6 miliardi in più nei prossimi 12 mesi rispetto un anno fa. Ovviamente si tratta di stime soggette a un certo livello di incertezza». 

Secondo Mazziero, i fattori alla base della corsa dei rendimenti dei titoli italiani sono legati primariamente alla Bce. L’Eurotower, «per emulazione con altre banche centrali» sottolinea l’analista finanziario «si avvia a una politica leggermente più restrittiva, anche se ancora non ha chiarito in che modo e quando procederà con i rialzi dei tassi di interesse. Sicuramente quello che incide di più è il mancato apporto di acquisti da parte della Bce sui titoli di Stato italiani e questo determina un rialzo dei rendimenti che riguarda particolarmente i titoli italiani perché noi abbiamo un elevato debito che continua a espandersi».

I diversi rendimenti

«Inoltre, dietro le quinte c’è anche un altro aspetto: i rendimenti maggiori» osserva Mazziero «comportano una spesa per interessi superiore e questo significa ancora più instabilità sulla tenuta dei conti pubblici. Tutti i rendimenti italiani si sono alzati con entità differenti. Abbiamo uno spread di 200 punti con la Germania mentre la Spagna è intorno ai 110, quindi c’è una percezione di maggior rischio nei confronti dell’Italia data dal fatto che abbiamo questo ingente debito pubblico che non accenna a diminuire e che va costantemente finanziato. È vero che sono saliti anche gli altri rendimenti ma sono di meno».

Il punto, evidenzia ancora l’analista, è che «la Bce non compra più così tanti titoli di Stato italiani ed è il mercato che deve far fronte a tutte queste emissioni. Se andiamo a vedere quello che è successo nel corso del programma Pepp, tutta la maggior emissione dei titoli di Stato fatta a fronte del maggior debito dovuto alle misure di sostegno all’economia, di fatto ha corrisposto a maggiori acquisti da parte della Bce. Oggi questo tipo di supporto non c’è più».

Uno sguardo agli Usa

Guardando oltreoceano, nel caso dei rendimenti del Tesoro Usa, rileva Mazziero, «abbiamo delle dinamiche differenti perché la politica della Fed è molto chiara: ha appena effettuato un rialzo dei tassi da 0,50 punti base, molto probabilmente ne farà altri due da 0,50 e comunque ha già annunciato che farà una politica aggressiva e guarderà più all’aumento dell’inflazione piuttosto che al rischio di un rallentamento dell’economia. Ma la Fed» sostiene «potrebbe essere così aggressiva per avere più armi nel caso di una recessione. E a quel punto se avrà alzato molto i tassi di interesse avrà margine per abbassarli. In Europa non è così perché la Bce non ha ancora toccato i tassi e, come si usa dire nel gergo economico-finanziario «è dietro la curva», ovvero sta agendo in ritardo rispetto alle condizioni dell’economia».

Per Mazziero, i fattori di maggiore vulnerabilità dell’Italia non vanno ricercati nel tema gas. «Non penso che gli operatori guardino a quello» sottolinea l’analista «è chiaro che noi nel dover sostituire le forniture di gas andremo a spendere di più, perché dovremo importare del gas liquefatto che ci verrà a costare di più, e dovremo mettere in atto piattaforme aggiuntive mobili. Ma gli operatori vedono piuttosto che ancora c’è un forte sostegno all’economia e ai privati da parte del governo, la spesa pubblica continua a restare elevata, non c’è alcun segnale di riduzione, e la spesa pubblica va finanziata con le emissioni. Questo incrementa il rischio di mercato».

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