Putin persiste nell’intralciare l’esportazione di grano bloccato nei porti ucraini. Il presidente russo ha dichiarato infatti di avere intenzione di discutere con il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, per «limitare l’esportazione di grano e altri generi alimentari attraverso il Mar Nero». I due hanno avuto un colloquio telefonico la scorsa domenica, l’occasione per una valutazione di un’intesa in corso da ormai più di un mese e che, al di là delle premesse tutt’altro che rosee, al momento tiene e ha consentito la partenza di più di un milione di tonnellate di grano e prodotti alimentari.
Il presidente russo denuncia “un imbroglio” alla base dell’accordo che ha portato alla costituzione del corridoio del grano. Le derrate prodotte in Ucraina, secondo Putin, non sono dirette a Paesi a rischio carestia se non in minima parte e allo stesso modo non sono decisive al fine di eliminare il rischio di una crisi alimentare su scala mondiale Putin, insomma, ritiene che l’intero accordo sia stato imbastito non per motivi umanitari, ma per consentire al grano prodotto dall’Ucraina di essere esportato e all’economia del Paese sotto attacco di respirare.
Per questo ne parlerà con quello che è al momento il suo unico interlocutore al di fuori della sfera russa, vale a dire Erdogan. I due leader si sono incontrati due volte nell’ultimo mese e mezzo. Dato significativo, perché si tratta degli unici due incontri tra i due leader nel 2022, segno che Putin stesso ha interesse a portare avanti un dialogo che Erdogan ha negli ultimi mesi concentrato su argomenti specifici, come avvenuto per il grano, lasciando momentaneamente da parte la possibilità di un cessate il fuoco. Erdogan allo stesso tempo ha interesse a parlare con Putin di temi di fondamentale importanza per il proprio Paese come Siria, economia ed energia.
Ora Putin è deciso a sottoporre al presidente turco un piano per la restrizione del numero di Paesi che potranno ricevere le derrate e viste le premesse di cui sopra, vale a dire gli interessi di Erdogan a mantenere aperto il dialogo e la forza di Putin, appare difficile che il leader turco si possa opporre. «Abbiamo fatto tutto il possibile al fianco della Turchia per garantire l’export del grano ucraino, ma se si esclude la stessa Turchia, Paese intermediario, la maggior parte dei carichi sono finiti in Europa e non in Paesi poveri. Una forma di colonialismo moderno che perpetua il colonialismo del passato. Non abbiamo evitato carestie, ma rallentato l’aumento dei prezzi in Occidente», ha detto Putin.
Il presidente russo si fa forte di un dato: al momento sono 2 delle 87 navi partite dai porti ucraini si sono dirette verso Paesi in via di sviluppo, 60 mila tonnellate di grano su un totale di più di un milione. «Ancora una volta i Paesi in via di sviluppo vengono presi in giro. Con quest’approccio la magnitudo del problema alimentare è destinata ad aumentare e ci avviamo verso una catastrofe umanitaria senza precedenti», ha detto Putin. Alle parole di Putin ha replicato il ministro dell’agricoltura di Kiev, che si è detto sorpreso e dichiarato di non essere a conoscenza di alcun piano per rivedere l’accordo per il passaggio del grano.
Tuttavia, a Mosca il malcontento rimane e va ben al di là dell’accorato appello terzomondista del presidente russo. Secondo quanto dichiarato anche negli ultimi giorni dal ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, i termini dell’accordo non sono soddisfacenti e le parti non starebbero rispettando tutti gli obblighi derivanti dall’intesa. Tradotto significa che Mosca pretende la rimozione di sanzioni economiche e logistiche, spinge perché il Mar Nero diventi rotta di passaggio non solo per grano ucraino, ma anche per frumento e fertilizzanti prodotti dalla Russia e attualmente bloccati e chiede atti concreti dopo aver allentato la presa sui porti ucraini.
«Anche quando non ci sono sanzioni che riguardano direttamente i prodotti ci troviamo dinanzi a restrizioni che riguardano la logistica, difficoltà nei pagamenti e impossibilità di stipulare assicurazioni. Tutti problemi che rimangono», ha aggiunto Putin, pronto a parlare di tutto questo con Erdogan. Il presidente turco in realtà avrebbe ben altri piani. Erdogan non ha mai nascosto che il vero obiettivo è far incontrare Putin con il presidente ucraino Volodimir Zelensky. Obiettivo le cui percentuali di realizzazione seppur esigue sono state alimentate, secondo l’attivissima diplomazia turca, dal «clima costruttivo instauratosi per il passaggio delle navi», che potrebbe favorire la ripartenza di un negoziato.
Abbandonata la pista di una trattativa diretta per il cessate il fuoco, Erdogan dopo il grano media per uno scambio di prigionieri tra Russia e Ucraina e si propone come mediatore per una via d’uscita rispetto la complicata situazione in cui versa la centrale di Zaporizhzhia. Erdogan ha anche lanciato un appello alla comunità internazionale a intervenire per facilitare l dialogo tra Russia e Ucraina, ma è al momento solo a portare avanti un piano di mediazione. Un piano al momento in divenire, che rischia di crollare se l’intesa per il passaggio del grano dovesse essere azzoppata, abbattendo il clima di dialogo e rendendo impossibile una mediazione.