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[L’analisi] Le Figaro: «Gli imprenditori milanesi scommettono sul realismo della Meloni»

“Alla vigilia della Fashion Week milanese, si avverte una certa euforia nell’aria. La pandemia è lontana, l’attività degli ultimi mesi è stata eccezionale. Una fila di venti imprenditori, avvocati, stilisti, designer, musicisti, si sono dati appuntamento all’Exit, nuovo ristorante trendy, per la 331a edizione del Cenacolo, il club dei milanesi che hanno avuto successo. A cinque giorni dal ballottaggio, le discussioni riguardano soprattutto le elezioni del 25 settembre che dovrebbero dare all’Italia un nuovo governo”.

Lo scrive il quotidano francese Le Figaro.

“Se la caduta di Mario Draghi è stata considerata una sconfitta, sono però scomparse le minacce di “vendetta alle urne” contro i responsabili del “draghicidio”. Ora si guarda risolutamente al futuro. Pur essendo al centro dell’Europa degli affari, non proviamo alcun particolare allarme alla prospettiva che la destra nazionalista salga al potere. Tuttavia, quella sera, le sensibilità politiche riflettevano l’emiciclo romano, ad eccezione del Movimento 5 Stelle, assente da questo tipo di mondo. Tra la speranza della maggior parte di loro di vedere il ritorno al potere della destra liberale e la sensazione che “les jeux sont faits”, soffia un vento di fatalismo: “Le aziende italiane hanno superato tante crisi che tutti siamo convinti che qualunque sia il vincitore di queste elezioni ce la faremo comunque», commenta il capo, ovviamente centrista, di un’azienda digitale, di 200 persone”.

“Per i più, l’importante è che, dopo dieci anni di frammentazione parlamentare, queste elezioni portino finalmente a un’ampia maggioranza che garantisca stabilità al prossimo governo. Tutto, tranne l’instabilità: sono stanchi di questi accordi tra partiti che fanno e rompono i gabinetti. Come Marco Gay, presidente di Confindustria Piemonte, dicono di volere “un governo capace di agire e di condurre un programma strutturale a favore delle imprese”, un governo che “fa sistema” con loro per garantirne la visibilità. E ridare credibilità a un’Italia molto segnata dai diciotto mesi di vita media degli ultimi governi.

Giorgia Meloni promette agli imprenditori l’adozione di un regime presidenziale, “la prima delle riforme economiche”, afferma. Giura “di voler aiutare chi crea ricchezza e posti di lavoro”, di non far deragliare il bilancio statale, riducendo drasticamente le tasse sul lavoro, soprattutto sui nuovi assunti. “Oggi rappresenta la soluzione meno peggiore, giudica Vito Chirenti, produttore di vetri del sud Italia. Con una donna al potere come Giorgia Meloni, che ha forti convinzioni e saprà imporsi come Thatcher e Merkel, l’Italia, si augura, sarà sulla rampa di lancio. Ma prima, tutti aspettano una risposta rapida all’emergenza energetica, perché se hanno sempre pagato la propria energia più dei concorrenti esteri, il divario è diventato davvero insostenibile per rimanere competitivi” prosegue il giornale francese nella sua analisi.

“Oggi tutti sono concentrati sull’esplosione della bolletta della luce, moltiplicata da quattro a sei volte in un anno, spiega Alessandro Spada dell’associazione Assolombarda. Perché non tutti possono trasferire questo aumento sui propri prezzi di vendita”. Aggiungendo: “alcune aziende hanno concentrato la loro produzione sui loro beni ad alto valore aggiunto, ma rischiano di creare interruzioni nelle catene di approvvigionamento”. Si aspettano una vera strategia energetica per il Paese, legata all’Europa.

Sì, proprio l’Europa, alla quale tutti qui si sentono saldamente ancorati. Temono le esplosioni nazionaliste antieuropee del futuro Presidente del Consiglio, che continua a sostenere il leader ungherese Viktor Orban? Oggi si rifiutano di prenderla sul serio: “una cosa è fare campagna, un’altra avere la responsabilità di un governo in una situazione che si preannuncia complicata”, dice Alessandro Spada, che scommette che a Bruxelles andrà bene. Un osservatore economico italiano a Milano, che ha chiesto l’anonimato, ha aggiunto: “Meloni sa che, una volta al governo, un atteggiamento francamente antieuropeo da parte sua farebbe aumentare gli spread di Stato con la Germania, che potrebbero fargli perdere il suo posto come a Berlusconi nel 2011, per essere rapidamente sostituito sotto la pressione dell’Europa da un nuovo governo tecnico. Un evento che racconta nella sua autobiografia come un’umiliazione fondante. Sono preoccupati per la sua mancanza di esperienza di alto livello? “Nonostante un terzo dei suoi candidati non provenga dal suo partito, Fratelli d’Italia, ha saputo attrarre tante personalità che si sono dimostrate valide, completando così vantaggiosamente la sua squadra”, giudica il leader dell’azienda digitale.

Citiamo ad esempio il nome di Fabio Panetta, l’ex direttore della Banca d’Italia, al ministero delle Finanze, che sarebbe stato travolto da Draghi. Tuttavia, la continuità tra il governo Draghi e quello successivo, che pensavamo ben delineato, mostra segni di rottura. La riforma fiscale, per la quale il governo Draghi aveva votato per la delega dei poteri, è stata appena bocciata al Senato dalla Lega. E contrariamente a quanto si dice da diversi mesi, secondo La Repubblica il ministero delle Finanze non lascerà la prossima squadra con un budget 2023 già vincolato, considerando la legge finanziaria come un grande atto politico. Le prospettive di un “esercizio provvisorio” non sono più ipotetiche.

Se c’è una cosa a cui gli imprenditori italiani tengono più di ogni altra cosa, è il piano di ripresa europeo, che il favorito ai sondaggi intende rinegoziare per riallocare alcune risorse all’energia. “Questo piano è il risultato di un accordo internazionale e non rinegoziabile”, afferma il boss di WeBuild, il primo gruppo italiano di opere pubbliche, Pietro Salini. “Al massimo puoi fare degli aggiustamenti. L’importante è portare a termine i progetti in tempo, perché l’Italia non può permettersi di perdere questi fondi. Una cosa è fare campagna, un’altra avere la responsabilità di un governo in una situazione che si preannuncia complicata”.

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