Quando le famiglie effettuano le proprie scelte finanziarie si trovano di fronte a scenari che vanno dalla crisi geopolitica, a quella energetica, per non parlare di inflazione, modifica delle catene di fornitura, isolamento internazionale della Russia e raffreddamento dei rapporti politici tra occidente e Cina.
Intesa Sanpaolo e Centro Einaudi hanno presentando l’Indagine sul Risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani 2022. La ricerca, condotta tra marzo e aprile 2022, analizza il rapporto degli italiani con il risparmio in un momento particolarmente complesso. E seppur non riesca a far emergere tutte le implicazioni del periodo, offre spunti di riflessione, anche attraverso i due approfondimenti dedicati ai giovani e agli imprenditori. L’andamento della propensione del campione a risparmiare è tra le buone notizie dell’edizione, la quota dei risparmiatori si è attestata al 53,5%, in aumento dal 48,6% della rilevazione precedente e non lontano dal picco del 55% toccato prima della pandemia.
«Le famiglie italiane tornano a risparmiare e c’è una maggiore propensione a investire nel risparmio gestito. Il grande tema è quello di un’elevata liquidità tenuta dalle famiglie italiane ancora sui conti correnti; forse non tutte le famiglie hanno compreso che, con un tasso di inflazione del 10%, avere soldi fermi e non investirli ha un inevitabile costo. Credo che il nostro Paese abbia ancora un problema di educazione finanziaria nonostante gli sforzi che il sistema bancario sta effettuando», ha spiegato Gregorio De Felice, chief economist di Intesa Sanpaolo, a margine dell’indagine.
La quota comunque varia sensibilmente tra i diversi gruppi del campione: il 68% dei laureati riesce ad accantonare risorse, contro meno del 50% di chi ha un’istruzione media inferiore. Risparmia il 69% di chi ha un reddito netto mensile maggiore di 2.500 euro, ma solo il 36% di chi non arriva ai 1.600 euro. Aumenta anche la quota di reddito risparmiata, che si porta all’11,5% dal 10,9% del 2021. Tra gli investitori cresce l’apprezzamento per gli strumenti del risparmio gestito, che trovano posto nel 21% dei portafogli, 5 punti in più rispetto al 2021. «Il segnale è positivo, considerando che fondi e gestioni rappresentano gli strumenti probabilmente più semplici e immediati per la diversificazione dei rischi», ha evidenziato Gregorio De Felice, chief economist di Intesa Sanpaolo.
Per quanto concerne la previdenza, gli intervistati appaiono relativamente sereni sul proprio tenore di vita quando raggiungeranno l’età anziana; il merito di tale sentiment è in gran parte ascrivibile al sistema previdenziale pubblico. Tuttavia, solo il 26,6% ritiene che si debba alzare l’età di pensionamento se aumenta la vita attesa: molti accetterebbero una pensione inferiore in cambio della libertà di uscita. «Il focus sugli imprenditori ci segnala che, per far fronte alle conseguenze della pandemia, il 40% delle imprese ha intrapreso percorsi di innovazione di prodotto; il 35% ha accelerato sul fronte della digitalizzazione, il 30% circa ha sviluppato nuove relazioni di partenariato», ha affermato De Felice.
«La portata della sfida è però troppo grande perché possa essere affrontata facendo leva soltanto su iniziative individuali. Anche le risorse in arrivo dal Pnrr, benché rilevanti, da sole non basteranno», puntualizza De Felice. «L’indagine ci conferma che, per compiere questo passo, sarà necessario un cambiamento culturale non da poco: alla resistenza degli imprenditori ad aprire il capitale al mercato continua, infatti, a corrispondere la diffidenza di gran parte delle famiglie verso modalità di impiego del risparmio considerate dai più non sicure o adatte ai soli esperti».
Su questo tema il focus sui giovani non offre indicazioni particolarmente confortanti per il futuro. Solo un sottoinsieme decisamente esiguo degli intervistati (2,3%) si dichiara “molto interessato” ai temi dell’economia e della finanza; il 38% si definisce invece “non interessato”. «Se vogliamo migliorare dobbiamo puntare sui giovani che, purtroppo, mostrano poco interesse nella finanza. In percentuale solo il 2% mostra un grado di interesse alto, mentre il 38% afferma di non essere per niente interessato. Ciò indica che non sappiamo presentarla bene e che dobbiamo migliorarla in termini di educazione finanziaria», ha aggiunto Gian Maria Gros Pietro, presidente di Intesa Sanpaolo, a margine dell’indagine.
«Colpisce il fatto che, pur con tutti i necessari distinguo, lee risposte raccolte con il focus giovani del 2022 non siano molto differenti da quelle del 2022: a riprova del fatto che l’educazione finanziaria resta uno dei grandi nodi irrisolti del nostro Paese. Eppure, su questo tema si giocherà una partita decisiva per il futuro dell’economia italiana, sarà necessario un grande sforzo congiunto, in cui anche gli intermediari finanziari si stanno impegnando», ha concluso De Felice.