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L’agenda Draghi e l’agenda Meloni | L’analisi

Claudio Cerasa, sul Foglio, elenca quelli che per lui sono i punti di convergenza tra l’agenda Meloni e l’agenda Draghi, commentando la scelta della premier di invitare a Palazzo Chigi il suo predecessore, fresco autore del Rapporto sulla competitività dell’Ue.

Il piano Draghi – afferma Cerasa – è anche il piano Meloni quando si ragiona sulla necessità di combattere il nanismo dell’Europa, nanismo che ci rende vulnerabili rispetto alle minacce esterne, e il pensiero tra l’ex premier e il premier di oggi coincide quando Draghi dice “non abbiamo ancora unito le forze nell’industria della difesa per aiutare le nostre aziende a integrarsi e operare su più larga scala”.

Stesso discorso sulla necessità di lavorare per stimolare nuovi investimenti dell’Europa e sia la battaglia a favore del bilancio comune sia la battaglia a favore di un debito comune in Europa anche attraverso gli strumenti dell’Eurobond a quanto risulta al Foglio saranno delle partite sulle quali il governo intende spendersi quando partiranno i lavori della nuova Commissione.

C’è condivisione su questi punti, tra l’agenda Draghi e l’agenda Meloni, ma anche su almeno altri tre.

Primo: combattere la burocrazia europea che non permette alle imprese di innovare e che allontana i capitali e i capitalisti dal nostro continente.

Secondo: investire sulla produttività, trasformarla in un mantra, nella consapevolezza, come dice Draghi, che “rispetto a tutta una serie di parametri tra l’Unione europea e gli Stati Uniti si è aperto un ampio divario in termini di pil, trainato principalmente da un più pronunciato rallentamento della crescita della produttività in Europa” e che “a pagarne il prezzo sono state le famiglie europee, che hanno visto peggiorare il proprio tenore di vita.

Dal 2000 a oggi, il reddito disponibile reale pro capite è cresciuto quasi del doppio negli Stati Uniti rispetto all’Ue”.

E infine un terzo punto, che coincide con la necessità di fare della lotta contro l’emergenza demografica un punto centrale del cammino del paese.

La capacità da parte dell’Italia di contare in Europa dipenderà naturalmente dal ruolo che verrà assegnato al commissario europeo, a Raffaele Fitto, e non ci vuole molto a capire che la quantità di poteri che avrà Fitto sarà direttamente proporzionale alle cartucce che l’Italia potrà provare a giocare in Europa nei prossimi cinque anni.

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