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In Italia ci sono più occupati, ma l’inflazione taglia il reddito delle famiglie | Lo scenario

La condizione del lavoro in Italia sta migliorando come dimostra il top dell’occupazione raggiunto in estate ma la distanza da coprire per raggiungere la media europea è ancora lunga.

Lo confermano le tabelle Eurostat contenute nel report “Quadro di valutazione sociale”.

Dalle statistiche viene fuori che migliorano i punteggi sul fronte dell’occupazione e della disoccupazione mentre diminuisce la povertà di chi lavora.

Tuttavia il reddito disponibile reale lordo delle famiglie nel 2023 cala, soprattutto a causa della crescita elevata dei prezzi.

Secondo l’istituto europeo di statistica la media dei guadagni delle famiglie (fatto 100 il 2008) scende da 94,15 a 93,74, oltre sei punti al di sotto di quello del 2008.

Il resto dell’Europa nel suo insieme invece cresce da 110,12 a 110,82.

Rispetto alla media europea, in Italia il reddito disponibile reale risulta inferiore di oltre 17 punti, a dimostrazione di come le condizioni economiche delle famiglie non godano di ottima salute.

A pesare su tale quadro negativo è ancora una volta il caro-prezzi, con i listini di beni e servizi che tra il 2022 e il 2023 hanno fatto registrate rialzi molto spinti per via dell’esplosione del prezzo dell’energia.

L’inflazione complessiva del biennio ha raggiunto il 13,8% mentre salari e stipendi sono rimasti sostanzialmente fermi.

“Un vero e proprio tsunami – secondo il Codacons – che si è abbattuto sui cittadini colpendo redditi e potere d’acquisto, e di cui ancora oggi le famiglie pagano le conseguenze”.

I dati dicono chiaramente che le famiglie non stanno così bene.

Basti pensare che solamente l’anno scorso il Pil italiano è tornato ai livelli che aveva prima de 2008 quando scoppiò la crisi di Lehman.

Ci sono voluti quindici anni per chiudere la forbice.

In questo periodo come ricorda l’Istat è stato accumulato un ritardo di oltre 10 punti con la Spagna, 14 con la Francia e 17 con la Germania.

Insomma l’Italia è ancora alla rincorsa.

Infatti è vero che il Paese cresce più degli altri ma ha anche perso più degli altri dopo la grande crisi del 2008.

È la peggiore dopo la Grecia quanto a recupero dei redditi rispetto al 2008.

Bisogna vedere quale parte di occupazione cresce e se scende la qualità del lavoro.

Come ricordano i sindacati abbiamo la più alta percentuale in Europa di lavoratori che sono sotto gli 11mila euro l’anno.

Tuttavia il quadro non è completamente dipinto di nero.

I dati che emergono dalle tabelle Eurostat dimostrano che migliorano i punteggi dell’Italia su diversi fronti.

In particolare il tasso di occupazione tra i 20 e i 64 anni sale dal 64,8% del 2022 a 66,3 nel 2023 con una crescita di 1,5 punti mentre in media nella Ue l’aumento è di 0,7 punti, dal 74,6% al 75,3%.

Nonostante questo aumento, l’Italia resta ultima in classifica.

Sulla disoccupazione l’Italia registra un calo di 0,4 punti percentuali (dall’8,1% al 7,7%), tendenza ancora rafforzata nel 2024, mentre il blocco europeo segna in media una riduzione di 0,1 punti (dal 6,2% al 6,1%).

Il Paese registra un crollo anche per i Neet (i giovani che non sono in un percorso di istruzione e formazione e non lavorano) con il passaggio dal 19% al 16,1%, il dato più basso dall’inizio delle serie storiche nel 2009.

In Europa in media si è registrato un calo di 0,5 punti, dall’11,7% all’11,2%.

Eurostat segnala un miglioramento anche sui dati sull’istruzione anche se i risultati restano al di sotto di quelli medi dell’Ue.

La percentuale di chi lascia la scuola precocemente scende dall’11,5% al 10,5% (dal 9,7% al 9,5% in Ue in media).

È il tasso più basso dall’inizio delle serie storiche nel 2000 quando la percentuale superava il 25%.

Cresce anche il tasso dei laureati con il passaggio dal 27,4% al 29,2% nel 2023 delle persone tra i 30 e i 34 anni anche se l’Italia resta distante dalla media Ue (dal 42,8% del 2022 al 43,9%).

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