Analisi, scenari, inchieste, idee per costruire l'Italia del futuro

Il grande punto in comune tra la vicenda Unicredit e Stellantis | L’analisi dell’economista Angelo De Mattia

Il caso Stellantis (che non pare proprio spargere stelle, come vuole la sua lettura latina) e quello delle progettate operazioni di Unicredit, versus Bpm e Commerzbank, non hanno, ovviamente, punti in comune, ad eccezione della questione degli interessi nazionali.

Chiaramente con ottiche diverse, anche per i ben differenti poteri che il governo ha verso l’uno e verso l’altro.

Per Stellantis si può dire che, pur non sussistendo attribuzioni dirette di intervento, le competenze di politica economica e di finanza pubblica e quelle relative ai rapporti europei e internazionali possono essere attivate partendo dal previsto confronto governo-impresa del prossimo 17 dicembre e da un possibile Piano da mettere a punto, senza escludere misure imperniate su meccanismi di «premi e sanzioni» e, soprattutto, senza dimenticare il ruolo dell’Unione.

È, comunque, un tema sul quale si ritornerà in relazione all’evoluzione che certamente verrà registrerà nei prossimi giorni.

Quanto all’Ops Unicredit, la premier Giorgia Meloni ha dichiarato che il governo si mantiene neutrale, essendo l’operazione qualificabile come di mercato.

Ha poi sottolineato, confermando piena fiducia in ciò che sta facendo al riguardo il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che comunque il governo ha gli strumenti per intervenire qualora dovesse rilevare che l’operazione non rientri nell’ambito dell’interesse nazionale.

Ora, a parte la formula adottata – quanto meno si sarebbe dovuto fare riferimento ad un non contrasto con gli interessi nazionali e a come ciò si colleghi, secondo l’esecutivo, con l’applicabilità del golden power – la presidente del Consiglio ha indicato i limiti di un eventuale intervento.

Non ha fatto, invece, riferimento all’intervento che sarebbe dispiegabile con maggiore fondamento, riguardante la condizione del Tesoro quale primo azionista del Montepaschi che gli dà la possibilità di interloquire in materia in quanto “comproprietario” e, naturalmente, entro questi limiti che, però, non sono sottovalutabili.

Ciò anche per i dubbi che, al di là dell’apposizione di qualche possibile condizione – già difficile da prevedere – il golden power lasci sperare in sostanziali misure da osservare, compatibili con il livello di restrizioni che non può trascurare i vincoli della concorrenza e del libero mercato (sempreché siano state osservate le normative di settore e siano attuate le eventuali prescrizioni delle Autorità di Vigilanza).

Quanto alla Commerz non passa giorno che non vi siano in Germania posizioni contrarie all’aggregazione con la banca di Piazza Gae Aulenti.

Come è stato riportato ieri su queste pagine, i 16 Lander si sono espressi, in buona sostanza, contro la concentrazione e hanno chiesto che le banche tedesche restino indipendenti e sostengano l’economia della Germania.

Vi è qui la preoccupazione, aggravata dalla crisi di governo e dalla fase pre-elettorale, che l’operazione in questione potrebbe provocare un deflusso di finanziamenti verso l’Italia, preoccupazione che è uguale e contraria rispetto a quella di chi teme, in Italia, che Unicredit possa trasferire la propria sede legale in Germania con tutte le conseguenze, pur essendo stato, il trasferimento, smentito dall’Istituto.

Gira e rigira, quando è in discussione l’operazione contraria, allora si afferma che l’unica competente a intervenire su di essa è la Vigilanza unica della Bce (insieme con le altre autorità).

Ma quando si parla dell’operazione in casa propria, allora si deroga al principio che invece si vuole far valere per gli altri.

La posizione della premier ha almeno circoscritto l’area di un eventuale intervento, anche se resta aperto il tema concernente l’ammissibilità o no dell’attivazione del golden power che richiama in primis la salvaguardia della sicurezza nazionale difficilmente da ritenere in pericolo per una operazione quale quella di Unicredit.

Naturalmente, proprio perché di mercato l’operazione stessa ben può essere contrastata con tutte le misure, anche esse di mercato, che, con l’osservanza della “passivity rule” il Banco Bpm riterrà di attivare a difesa della sua indipendenza, della sua storia, dei territori di riferimento e, non certo per ultimo, del proprio personale.

Ma dovrà confrontarsi con un personaggio, l’ad di Unicredit Andrea Orcel, che certamente è un grande esperto in materia di “mergers and acquisitions”.

Comunque, già delimitare il “terreno di gioco” costituirebbe un passo vanti, a maggior ragione in presenza della confusione e superfetazione esistenti nella normativa e nei controlli a livello europeo.

SCARICA IL PDF DELL'ARTICOLO

[bws_pdfprint display=’pdf’]

Iscriviti alla Newsletter

Ricevi gli ultimi articoli di Riparte l’Italia via email. Puoi cancellarti in qualsiasi momento.

Questo sito utilizza i cookie per migliorare l'esperienza utente.