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Gli esperti del King’s College Hospital di Londra: «Variante inglese più contagiosa, ma non più cattiva nei bambini»

La variante inglese è più contagiosa, ma non è più “cattiva” nei bambini. A riverlarlo è un gruppo di esperti del King’s College Hospital di Londra, in un intervento su “The Lancet Child and Adolescent Health”. «Non abbiamo trovato prove di malattie più gravi nei bambini e nei giovani durante la seconda ondata».

I dati raccolti dalla struttura risultano “in linea” con i primi a livello nazionale, che suggeriscono come l’infezione con la variante B.1.1.7 di Sars-CoV-2, il famoso mutante britannico, non si traduca in un decorso clinico sensibilmente diverso, rispetto a quello causato dal ceppo originale di Covid-19. «Rimane un evento raro nei bambini e nei giovani» lo sviluppo della malattia con forme respiratorie acute gravi. 

L’impatto clinico della variante Uk sugli under 18 «deve ancora essere definito con completezza», spiegano gli autori dell’articolo, sottolineando che le notizie diffuse dai media in merito all’aumento dei ricoveri in ospedale e di malattie più gravi in bimbi e giovani «hanno creato confusione nel pubblico». Per questo si è resa necessaria che «una dichiarazione pubblica del Royal College of Paediatrics and Child Health». Gli esperti del King’s College Hospital di Londra evidenziano che la variante inglese «rappresenta, secondo le stime, il 70% delle infezioni nella regione di Londra nel gennaio 2021». Per questo è «importante chiarire rapidamente il reale impatto della seconda ondata epidemica  su bambini e giovani, nel contesto di un’elevata prevalenza della variante B.1.1.7».

«Tra il 1 marzo e il 31 maggio 2020 20 bambini e giovani (età pari o inferiore a 18 anni) positivi a Sars-CoV-2 sono stati ricoverati al King’s College Hospital, mentre tra il 1° novembre 2020 e il 19 gennaio 2021 la struttura ha ricoverato 60 bambini e giovani positivi al virus. Non sono state riscontrate differenze significative» in termini di età, percentuale di pazienti con altre patologie concomitanti o con particolari caratteristiche di etnia e stato sociale. Rare, in entrambe le ondate, le situazioni di Covid-19 che richiedevano ossigenoterapia o supporto ventilatorio. Addirittura in proporzione, questi casi gravi rispetto al totale ricoveri appariva «inferiore nella seconda ondata rispetto alla prima».

Il motivo per cui più pazienti di età pari o inferiore a 18 anni siano stati ricoverati in ospedale nel periodo novembre-gennaio potrebbe essere dovuto «alla maggiore prevalenza di Sars-CoV-2 all’interno della nostra comunità locale. In effetti anche il numero di pazienti adulti ricoverati al King’s College Hospital nella seconda ondata è aumentato di circa un terzo».

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