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Il comparto immobiliare sta rallentando | L’analisi di Giuseppe Roma

Mentre inizia a farsi stringente la sessione di bilancio, appaiono con più chiarezza le crepe provocate dai numerosi incentivi a favore dell’edilizia, che hanno dato una spinta congiunturale, senza però aprire un ciclo espansivo. E ora si profilano limiti e contraddizioni anche sul piano sociale, economico e ambientale. A causa dei bassi livelli di reddito, sta emergendo una questione abitativa per le crescenti difficoltà delle famiglie ad acquistare o affittare un alloggio sul libero mercato. Una certa debolezza della domanda influenza la staticità dei valori immobiliari, situazione che determina una minore convenienza per nuovi investimenti.

Nell’ultimo ventennio, l’andamento della ricchezza media per famiglia in attività reali e finanziarie ha avuto una traiettoria opposta. La ricchezza in immobili è cresciuta fra il 2000 e il 2010 del 73%, mentre fra il 2010 e il 2022 solo del 3%. Al contrario, la ricchezza finanziaria è rimasta praticamente stabile nel primo decennio degli anni 2000, per poi crescere nel secondo periodo fino ai giorni nostri del 111%. Il risparmio familiare impiegato nel mattone si è rivalutato meno di quello investito in strumenti finanziari. Fa eccezione il segmento di proprietari che, scommettendo sugli affitti brevi, può spuntare alti rendimenti, ma non mancano i rischi per una regolamentazione più’ stringente e un eccesso d’offerta.

Tutti questi fattori lasciano intravedere un cambiamento di scenario con una staticità nel grande mercato residenziale tradizionale e strutturato a fronte di un’effervescenza nei segmenti ad alto rendimento e più speculativi. Una situazione destinata a provocare instabilità e tensioni sociali. Deludenti sono anche i risultati sul piano energetico e ambientale. Non è pensabile ridurre in modo consistente consumi ed emissioni senza rinnovare radicalmente il patrimonio edilizio.

E invece continua a scendere la quota di nuove costruzioni sulle compravendite. Era appena il 7,4% nel 2023 ed è scesa al 6,2% nel 2024. Ovvero il 94% degli immobili sul mercato sono vecchi e usurati. Per quanto possiamo migliorarli, col sostegno dei soldi pubblici, non contribuiremo significativamente a ridurne gli impatti. Purtroppo sulla casa, come su tanti altri settori economici grava una pesante carenza di politiche che vedano più in là del proprio naso.

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