Lucrezia Reichlin sul Corriere della Sera commenta il rapporto Draghi e parla di ‘scelte inevitabili’. “Ma nonostante il tono della presentazione – scrive – il rapporto è un grido di allarme con la chiara finalità di scuotere la leadership europea dalla sua paralisi. Il messaggio è chiaro e non è una sorpresa. Le condizioni che hanno garantito la prosperità in Europa non ci sono più e senza un cambiamento di prospettiva l’Unione non sarà in grado di garantire ai suoi cittadini quel livello di benessere di cui hanno fin qui goduto. Il declino dell’Europa si vede già nei numeri. Il divario con gli Usa è aumentato e gli europei sono oggi il 30% più poveri del loro alleato, soprattutto per via della crescita più debole della produttività. La produttività, in quanto fattore trainante della competitività, è quindi il focus del rapporto.
Siamo quindi di fronte ad una emergenza esistenziale e questo è il messaggio essenziale, lanciato ai tavoli della politica europea. Per raggiungere gli obbiettivi, Draghi stima che ci sia bisogno di un minimo di investimenti annuali addizionali di 750-800 miliardi di euro, il 4,4-4,7% del Pil dell’Unione nel 2023. Questo numero – osserva l’editorialista – è enorme e contrasta con l’anemia di investimento privato e pubblico degli ultimi 20 anni. Il tema del finanziamento non è centrale nel rapporto, ma è chiaro che senza questa mobilitazione di risorse comuni le politiche proposte non hanno gambe. Ma difficile pensare che in questa situazione di incertezza politica, con Francia e Germania quasi fuori gioco, e un’Italia ai margini della politica europea, questo grido di allarme porti ad una discontinuità su un tema così controverso.
È quindi lecito porsi la domanda seguente: se l’Europa è di fronte a un momento esistenziale che richiede una forte discontinuità, ma questo messaggio non è recepito o comunque l’azione necessaria è ostacolata da incentivi politici perversi, dobbiamo aspettarci un forte ridimensionamento sia politico che economico dell’Europa e una drastica riduzione delle ambizioni dell’Unione in tema di integrazione? Saranno le nostre democrazie nazionali – conclude Reichlin – sufficientemente vitali e creative per fermare il declino ed esprimere una leadership europea più forte e riformatrice?”.