Dal primo settembre, con l’abolizione del Superticket, il Servizio Sanitario Pubblico ritorna ad essere “la prima scelta” per i cittadini: per anni molte prestazioni, soprattutto quelle a più basso costo, erano più convenienti se effettuate privatamente. Ciò ha reso difficile per i cittadini rendersi conto del perché il Servizio pubblico fosse per loro meno conveniente ed accessibile di quello privato, minando il rapporto di fiducia con il Servizio Sanitario Nazionale e svuotando le casse di quest’ultimo.
L’abolizione del superticket dev’essere solo il primo passo di un più grande progetto disegnato per garantire l’equità dell’assistenza, che passa necessariamente anche per la riduzione delle disuguaglianze che esistono tra le diverse regioni d’Italia in materia di compartecipazione alla spesa sanitaria da parte dei cittadini (il c.d. ticket) e in una loro diversa e più giusta rimodulazione della pressione sulle persone, salvaguardando sempre le condizioni di fragilità.
Come portavoce della Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche (FNOPI), sono un attento osservatore dell’equità e delle disuguaglianze presenti nell’assistenza sanitaria: l’abolizione del superticket da dieci euro che dall’1/9/2020 è scomparso dall’elenco – troppo lungo – dei balzelli sanitari per i cittadini, è un importante inizio per una stagione nuova.
La pressione sulle persone che fruiscono del SSN deve essere ulteriormente alleggerita, soprattutto alla luce delle difficoltà economiche che le famiglie stanno già vivendo in seguito agli effetti dell’emergenza Coronavirus. La revisione dei ticket, il contrasto alle liste d’attesa, l’innovazione dei modelli organizzativi e delle politiche professionali sono i quattro pilastri sui quali lavorare per potenziare l’accesso dei cittadini al nostro Servizio Sanitario Pubblico.
L’abolizione del superticket è un provvedimento rilevante, che ora però deve essere affiancato da ulteriori misure volte a sostenere i redditi familiari che stanno già facendo i conti con gli effetti negativi dell’emergenza pandemica sull’economia del nostro Paese.
Senza considerare che l’attuale normativa sulle esenzioni dal ticket per motivi economici prevede che, per ottenere l’esenzione, al momento attuale il calcolo debba essere svolto sul reddito familiare dell’anno precedente, cioè su un reddito relativo ad un’epoca pre-pandemica.
Stando ai dati della spesa dei cittadini per i ticket sanitari, contenuti all’interno del Rapporto 2020 sul Coordinamento della Finanza Pubblica della Corte dei Conti, nel 2019 il nostro Paese ha pagato oltre 2,9 miliardi di euro di ticket: oltre 1,5 mld di ticket sulla spesa farmaceutica e più di 1,3 mld su prestazioni sanitarie (specialistiche, di Pronto Soccorso e altre prestazioni sanitarie).
Circa 44 milioni in meno rispetto all’anno 2018, anche in virtù di alcuni interventi regionali di riduzione e rimodulazione dei ticket attuati con fondi propri e/o utilizzando il “fondino” nazionale istituito in una precedente Legge di Bilancio.
Continuano ad essere particolarmente rilevanti le differenze di spesa pro capite da Regione a Regione: nel 2019 si passa dai 90,2 euro della Valle D’Aosta, ai 61,9 del Veneto, ai 59,4 della Provincia Autonoma di Trento, al 58 della Provincia Autonoma di Bolzano, ai 57,9 dell’Umbria, ai 43,8 della Calabria, ai 41,5 della Sicilia ed ai 33 della Sardegna.
Complessivamente si assiste ad una crescita della spesa dell’1,2% nelle Regioni in Piano di Rientro e, contestualmente, ad una riduzione nelle altre Regioni del 3,1%. Praticamente la spesa aumenta proprio in quelle aree del Paese con minori performance sui Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), minore ricchezza e maggiori problemi dal punto di vista dell’occupazione: ad essere a rischio, quindi, è ancora il principio di equità.
Il combinato disposto di ticket e liste d’attesa rappresenta, anche secondo l’ISTAT, una delle principali criticità nell’accesso alle cure: l’accessibilità rappresenta una delle maggiori sfide del Servizio Sanitario Pubblico soprattutto in questo momento, sia per l’assistenza ai pazienti Covid, sia per quelli NON Covid, questi ultimi alle prese con la sospensione di parecchie prestazioni durante la fase di lockdown, in lenta ripresa sul territorio nazionale.