Il fenomeno disoccupazione e quello della carenza di manodopera hanno colpito in modo particolare il «lavoro femminile». Lo sottolinea l’economista e presidente di Confindustria Cultura, Innocenzo Cipolletta, spiegandone le motivazioni e analizzandone le caratteristiche.
«Dopo la pandemia che ha fatto perdere centinaia di migliaia di posti di lavoro, la ripresa urta contro carenze di manodopera. Sembra un paradosso, perché ci si sarebbe aspettato, con la ripresa delle attività produttive, che i lavoratori tornassero ansiosi al lavoro. Eppure, non è così, non solo in Italia, ma anche negli altri paesi industriali, e questo fenomeno tocca maggiormente il lavoro femminile».
«Che cosa è successo? In realtà, nel numero complessivo di lavoratori c’è sempre stata una quota, più o meno grande, di lavoratori che è incerta se continuare il lavoro o se smettere per problemi familiari, di salute, di scarsa remunerazione o quant’altro», scrive su InPiù.net.
«Dopo un blocco dell’attività durato circa un anno, è normale che una parte di questi lavoratori abbia alla fine deciso di cambiare attività o di smettere di lavorare e il fenomeno riguarda maggiormente le donne perché, purtroppo, sono spesso impiegate in lavori marginali, guadagnano meno e sentono maggiormente la responsabilità delle occupazioni domestiche. Col passare del tempo questo vuoto si riempie, ma resta il problema della marginalità del lavoro femminile a cui va data una risposta».
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