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Gianclaudio Torlizzi (direttore consulenza finanziaria T-Commodity): «Rincaro acciaio: il danno alla supply chain è strutturale, la fase rialzista durerà per alcuni anni»

Sul Piano nazionale di ripresa e resilienza incombe la spada di Damocle dell’acciaio. Il rincaro dei prezzi e la diminuzione della produzione in Italia potrebbero creare una tempesta perfetta in grado di mettere a rischio l’attuazione stessa delle politiche infrastrutturali previste dal Recovery. È il ragionamento che affida all’Agi Gianclaudio Torlizzi, direttore generale della società di consulenza finanziaria T-Commodity.

«Il governo non sembra avere contezza della gravità della situazione» avverte l’esperto «esiste un consensus generale sul fatto che la situazione sia temporanea, che presto si tornerà alla normalità, ma il danno alla supply chain dell’acciaio è strutturale e l’attuale fase rialzista è destinata a restare per almeno un paio d’anni»

«Senza un piano preciso per l’acciaio si metteranno a rischio i piani infrastrutturali del Pnrr. Se non c’è acciaio non possono essere fatti i piani di investimento. Non solo. Non sembra che venga considerato il possibile rincaro dei prezzi delle ditte appaltatrici dei lavori pubblici. Il tondo per il cemento armato», l’elemento principe per le costruzioni, «è passato da 300 a 800 euro, e la maggior parte dei piani degli appalti vedono un prezzo base intorno ai 400 euro, la metà dell’attuale prezzo di mercato. Ci sarà da piangere quando si dovranno decidere questi lavori», spiega Torlizzi.

Ma sul rincaro dei prezzi si innesta anche la crisi della produzione in Italia. Oggi è partita una nuova tranche di cassa integrazione ordinaria, quindi non Covid, per il gruppo siderurgico ex Ilva, ora Acciaierie d’Italia. Durerà 13 settimane e riguarderà 5 mila lavoratori, 4 mila di Taranto e 981 a Genova.

Nel capoluogo ligure si è recato in mattinata il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, che rivolgendosi ai lavoratori che ne contestavano la presenza ha assicurato che «la volontà del governo è d’investire sull’acciaio, che lo stabilimento di Genova mantiene una dimensione strategica e che saremo impegnati a mantenere questa dimensione». «Mi aspetto che da qui al 7», quando ci sarà un incontro al Mise, «la situazione migliori e che possano rientrare le tensioni», ha aggiunto il ministro.

Ma se sul fronte occupazionale, quindi produttivo, si attendono le mosse del governo, e di ArcelorMittal per allentare la morsa dei prezzi, sui rincari l’esecutivo può poco. «Stupiscono i ritardi del governo in un settore così strategico», ragiona Torlizzi. «Ha votato a favore dell’estensione per tre anni delle quote dell’import di acciaio, elementi che non solo non alleviano la situazione, ma la aggravano».

Ma come si potrebbe alleggerire la morsa?

«Sul brevissimo periodo» risponde «io proporrei di abbassare l’Iva sui prodotti siderurgici al 4%, per tre o quattro mesi; poi si dovrebbero affrontare con fermezza i dossier di Taranto, Piombino e Terni; non da ultimi, visto che i produttori europei fanno fatica, cercare accordi con Paesi non soggetti alle quote sull’import, come gli Stati Uniti».

«Visto che oramai si guarda a Ovest, come dimostrano la visita a Roma del segretario di Stato Usa, Antony Blinken, e le parole di Di Maio sull’allineamento tra i due Paesi», conclude Torlizzi, «io proporrei un accordo bilaterale per la fornitura di acciaio dagli Usa, diventare loro partner strategico, come ha fatto la Germania con il gas dalla Russia, garantendosi vantaggi al momento preclusi agli altri Paesi».

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