“Il Superbonus mette a rischio i conti pubblici e il welfare per i suoi detrattori, mentre genera un impatto positivo sulla crescita e sugli obiettivi della transizione green per i suoi sostenitori. Ognuno dice un pezzo di verità. Il 110% pesa molto sui conti pubblici, ma senza i bonus sulla casa (70 miliardi di investimenti aggiuntivi in due anni) 10 punti di Pil nel 2021-2022, l’aumento di gettito e i nuovi posti di lavoro sarebbero stati pura fantasia. Il riordino del sistema degli incentivi è auspicabile, ma è molto complicato perché mancano capacità di programmazione, responsabilità politica di fare scelte e soprattutto analisi d’impatto”.
Lo sostiene l’editorialista Claudio Di Donato.
“La conferma è che il Governo ha varato un decreto disegnato solo sul 110% che in realtà vale 65 miliardi sui 110 totali, provocando la paralisi delle altre misure, a partire dal sismabonus. Una carenza che non è limitata agli incentivi all’edilizia. Gli 80 euro di Renzi (poi diventati 100) sono costati ad oggi 90 miliardi, ma qual è stato l’impatto sui consumi? È paradossale che tra chi grida allo scandalo per il 110%, da ministro abbia concepito l’iperammortamento sui beni strumentali al 250%. Perché il contribuente deve accollarsi gli investimenti delle imprese private riconoscendo loro un ricco premio?” spiega Di Donato dalle colonne del magazine digitale Inpiu.net.
“L’altro limite è l’incapacità di distinguere. Vale per gli incentivi e vale per i sussidi. Le misure contro il caro-bollette (80 miliardi in meno di due anni) sono di natura universale (per tutte le 30 milioni di famiglie). Sussidiamo l’acquisto di auto elettriche per sostituire utilitarie che producono 1 tonnellata di CO2 l’anno, mentre continuano a circolare Tir Euro 3 (senza alcun incentivo per sostituirli) che ne immettono 130 l’anno. Sui bonus all’edilizia (e il 110% in particolare) l’errore è stato l’universalità della misura.
Migliorare di due classi energetiche un immobile in classe C non solo è economicamente dannoso, ma energeticamente sbagliato. Intervenire sulle seconde case non abitate è uno spreco. Sarebbe stato utile focalizzare la misura sugli edifici peggiori per efficienza energetica, privilegiando le prime case e i condomini che pesano per il 35% sui consumi energetici e per il 39% sulle emissioni. Intervenire con una seria programmazione sugli 8 milioni di immobili in classe F e G darebbe risultati rilevanti in termini di riduzione di consumi ed emissioni.
Una campagna per l’audit energetico su famiglie e imprese sarebbe un prezioso contributo per rafforzare la consapevolezza sull’importanza dell’efficientamento energetico. Anche la polemica sull’entità del beneficio ha poco senso. Più che la dimensione del bonus, il vero volano è l’opzione della cessione del credito come dimostrano i bonus 50 e 65% in vigore da anni ma che sono quasi raddoppiati in valore nell’ultimo biennio. Da ultimo, i bonus all’edilizia hanno finanziato due impianti fotovoltaici su tre nel 2022 e quasi la metà della nuova potenza installata in Italia. Dopo quasi tre anni manca ancora un serio confronto su come rendere sostenibile (per la finanza pubblica e per il mercato) il sistema di incentivi per la casa”.